L’ippica alla disperazione è nelle mani di Tremonti

La scorsa settimana l’ippica ha fatto sentire con forza la sua voce, con il ricorso a manifestazioni di piazza (1500 persone!) e l’astensione dalla dichiarazione dei partenti a tempo indeterminato. Una posizione dura, figlia della disperazione, ma anche difficilissima da portare avanti. Auguriamoci che le ragioni di questo stato di estrema difficoltà del settore siano in qualche modo approfondite dal “padrone” della cassa: Giulio Tremonti. La situazione è disastrosa, con un’Unire latitante occupata nell’organizzazione di una trasferta in Dubai, tanto è vero che la protesta questa volta si è rivolta direttamente ai ministeri dell’Agricoltura ed Economia. Il ministro Zaia, con un comportamento molto apprezzato e con grande senso di responsabilità, ha ricevuto i rappresentanti delle categorie in sciopero, non ha certamente potuto dire: tornate a correre e state tranquilli perché al montepremi ci pensa il mio ministero. E qui, come al gioco dell’oca, si ritorna alla casella di partenza: il problema del comparto ippico va affrontato nella sua interezza e globalità. Partendo da una ricollocazione dell’allevamento al centro del sistema (intenzione del ministro Zaia del resto, più volte dichiarata) con, nello stesso tempo, una partecipazione attiva e responsabile del responsabile dell’Economia.
L’ippica in questi ultimi anni non ha mai goduto di grande fortuna politica: commissariamenti a pioggia, quasi sempre con una impronta clientelare; non vi è stata la minima progettualità, per prevenire le cause del disastro, evidenti anche per un bambino dell’asilo infantile. Si è proceduto con interventi più consoni a furbetti del quartierino che ad una gestione di un Ente pubblico. I non pochi interventi di censura da parte della Corte dei Conti e quelli che verranno, sono lì a testimoniarlo. Momento peggiore con il Governo non poteva capitare, prima la grana Alitalia, adesso la grande onda d’urto economico/finanziaria che arriva dagli Stati Uniti e sta facendo tremare anche tutto il sistema bancario italiano, impegnando a tempo pieno la politica. Cosa resterà per noi «cavallari», come sbrigativamente veniamo liquidati qualche volta dalla classe politica? Vorrei, una volta ancora, cercare di fare capire che l’ippica rappresenta una parte importante della filiera agricola, che dà lavoro a moltissime persone. Inviterei i nostri politici a fare un giretto non lontano da noi in Francia dove l’ippica sta impegnando il presidente della Repubblica in prima persona, nella sua qualità di presidente di turno della Ue in una battaglia per salvaguardare un patrimonio zootecnico importantissimo per la Francia, da tutti considerato un bene comune da tutelare.

Quasi come da noi! Quanto alle preoccupazioni per i banchieri nostrani, oggi celebrati dai media come figure da santificare, che occupano spazio tempo e menti dei nostri politici, parrebbe più opportuno, come sta avvenendo negli Stati Uniti, con l’intervento del FBI, un salutare intervento della nostra magistratura, in maniera di lasciare un po’ di tempo per i problemi dei «cavallari».

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