L’ira della Quercia trafigge Veltroni

I dalemiani: colpiscono Pierluigi perché i poteri forti sostengono il sindaco di Roma come prossimo leader del Partito democratico

da Roma

E ora «nel mirino» è finito anche Pierluigi Bersani.
Tirava un’aria rabbiosa sotto la Quercia, ieri. «C’è una strategia del contagocce nel fare uscire verbali e intercettazioni contro di noi», si lamentava il dalemiano Michele Ventura. Ieri è stato il turno del Sole 24 Ore, con i «retroscena delle scalate» e l’interrogatorio dell’ex governatore di Bankitalia che racconta il suo incontro con Piero Fassino e, appunto, Bersani, andati a perorare la causa della «grande fusione Unipol-Bnl-Montepaschi».
Ecco, quell’insistenza sul nome del ministro dello Sviluppo economico, piazzato a pagina 5 del Sole e ribadito nel catenaccio dell’articolo e anche in un riquadro che mette in rilievo quel passaggio di Fazio, ha mandato in bestia i ds di rito dalemiano. Molto più quello del titolo che tira in ballo il segretario del partito, e non ci va per nulla leggero: «Fassino voleva Unipol-Bnl-Mps». Già, perché per i dalemiani il problema è che all’improvviso sia entrato «nel mirino», come scrive la Velina Rossa di Pasquale Laurito, proprio Bersani, ossia il loro candidato alla guida del Partito democratico. Laurito lo dice chiaro e tondo: accusa di «ingordigia politica» i grandi giornali e i loro editori e lamenta: «In questo momento le grandi doti politiche di Bersani non vengono più esaltate perché qualcun altro, preferito dai vari poteri, non è ancora in condizioni di competere». Per chi non avesse capito, l’allusione è a Walter Veltroni. «Tutti i grandi giornali sono ormai schierati per lui», nota Ventura. Perché la partita delle intercettazioni col «contagocce» si intreccia ormai inestricabilmente con quella della leadership del centrosinistra. O almeno di ciò sono certi i ds. Lo fa capire con una battuta anche il potente tesoriere Ugo Sposetti: a chi scherzando gli chiede com’è che il suo nome non gira più nel gran ventilatore delle intercettazioni, replica secco: «Perché io non sono candidato».
Lui no, Bersani sì: o almeno così vorrebbe una parte della Quercia. Ma il diretto interessato è molto prudente, in questa partita ancora giocata da tutti a carte coperte. Ai suoi si limita a dire: «Vediamo, bisogna capire cosa vogliono fare gli altri. A cominciare da Fassino». In realtà, tutti stanno aspettando di capire cosa vuol fare l’uomo del Campidoglio. Che ieri si è incontrato con D’Alema («Abbiamo preso un caffè insieme», ha rivelato il ministro degli Esteri), il quale poi lo ha definito «un potenziale candidato alla segreteria del Pd ma anche alla guida del governo, che forse è più importante...». Come dire: salti questo turno e aspetti il prossimo. Da altre sponde, invece, sta partendo un pressing esplicito perché Veltroni non passi la mano e prenda subito il timone del traballante Pd e del centrosinistra, evitando il rischio di «perdere il treno». Rifondazione lo dice chiaro: «Per noi è il candidato». Parisi ha provato a convincerlo: «Scendi in campo».

Franceschini ieri ha rilanciato: «Se si candida segretario, io lo voto». Lui, Walter, tace. I suoi dicono: «Entro qualche giorno dovrà scoprire le carte». Ma aggiungono: «Se D’Alema continua a metterglisi contro, non si candiderà».

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