Gian Micalessin
Ora il governo di Hamas ha una nuova spina nel fianco. Dopo le pressioni di Usa ed Europa per riconoscere Israele, rinunciare alla violenza e ratificare gli accordi siglati dallAutorità palestinese, ora scendono in campo lOrganizzazione per la liberazione della Palestina e il suo comitato esecutivo riunito da ieri Ramallah. Al centro della riunione vi sono proprio i programmi di governo di Hamas e il suo rifiuto di riconoscere lautorità di unorganizzazione che rappresenta in teoria lintera diaspora palestinese. La contesa ricorda il dibattito sul ruolo primigenio delluovo e della gallina.
Per Hamas, che non ha mai riconosciuto i suoi poteri e rivendica lautorità conferitagli dal voto, lOlp è solo un fossile del passato. Per i signori dellOlp, lorganizzazione ha non solo potere di veto sul programma di governo di Hamas, ma anche lautorità di sancire leventuale fine dellAutorità palestinese, lo scioglimento del Parlamento e la restituzione dei suoi territori a Israele. Questo harakiri istituzionale è diventato, dopo il raid israeliano di Jerico, qualcosa di più di una semplice ipotesi. Umiliati da Israele e snobbati dai dirigenti di Hamas indifferenti alle richieste di ratificare gli accordi siglati dallAnp e di riconoscere Israele, i capi dellOlp minacciano lapocalisse finale.
Ma dietro quelle minacce si nasconde, più dei principi, la rabbia per la sconfitta elettorale di Fatah e lastio per il ridimensionamento dellorganizzazione. Tutto iniziò dopo gli accordi di Oslo del 94 quando Yasser Arafat, raìs e padrone assoluto dellOlp dalla metà degli anni 70, utilizzò lorganizzazione per sancire la nascita dellAutorità palestinese e affidarle il governo dei territori. Da allora lOlp è diventato un ospizio istituzionale per i dirigenti di Fatah e delle altre formazioni ai margini del potere. Ora lospizio, minacciato da un Hamas che dopo la vittoria elettorale preannunciava di metterci piede per far valere pure lì la propria autorità, si rivolta e si ribella.
Ma lOlp sembra dimenticare che sopra la sua testa e quella dellAutorità palestinese regna un unico presidente. E Mahmoud Abbas sembra ancora molto lontano dal far harakiri per soddisfare gli arrabbiati membri dellesecutivo. Mentre ascolta le rimostranze dei suoi amareggiati sudditi, il re travicello dellAnp ha già concordato con il nuovo premier fondamentalista Ismail Haniyeh la presentazione, sabato prossimo, del nuovo esecutivo al Parlamento. «Vi sono certamente alcuni punti essenziali che devono ancora venir chiariti nel programma del nuovo governo, uno di questi è sicuramente il ruolo dellOlp quale principale referente dellAnp, ma questo non porterà ad una crisi costituzionale», ha chiarito il presidente Abbas facendo intendere di aver programmi più a lunga scadenza.
Il piano - implicitamente concordato con Washington e altri referenti internazionali - punta sulla pressione economica e sui tagli ai finanziamenti per metter fuori gioco i vincitori delle elezioni. In altre parole Abbas punta a far giocare i ministri di Hamas in assoluta solitudine, lasciandoli alle prese con le ristrettezze determinate dai tagli agli aiuti, con lisolamento internazionale e con il malcontento di un elettorato a cui era stata promessa una migliore ripartizione delle risorse e unamministrazione esemplare. Promesse che potrebbero rivelarsi impossibili da mantenere se Hamas si ritroverà senza i soldi di Europa e Stati Uniti. Solo a quel punto facendosi interprete del malcontento popolare Abbas metterà con le spalle al muro Haniyeh e i suoi ministri costringendoli alle dimissioni.
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