MilanoLa scuola delle parole mozzate. È uno di quei pomeriggi in cui a Milano si respira male, piazza del Duomo sembra un bagno di calore, ragazze in quasi bikini vanno e vengono dalla metropolitana, laggiù, in fondo a destra, spalle alla Madonnina, dove cè il consolato iraniano, un gruppo di studenti fuggiti da Teheran, urla sul serio tutta la rabbia contro Ahmadinejad e il regime dei sacerdoti sciiti. È tutta gente che è scappata per poter parlare. Un po più in là, in alto, al terzo piano del Mondadori Multicenter, Mario Giordano, direttore di questo giornale, dovrebbe presentare il suo ultimo saggio: 5 in condotta (editore Mondadori). Il falò, ideale, dei libri negli ultimi anni è tornato di moda. È capitato anche a Pansa, quando ha cominciato a riscrivere la storia. Cè sempre qualcuno che si alza, urla, strepita e manda tutti a casa. Questa volta si parla di scuola, che con la Resistenza è nella casta dei tabù intoccabili. È cè Mariastella Gelmini, il ministro, il nemico di tutti quelli che difendono le rovine, quel che resta di una scuola scarnificata, malandata, sventrata, che perde cultura, carisma e futuro da ogni breccia. È quello che racconta Giordano nel suo 5 in condotta. Lincontro non è ancora iniziato e già cè qualcuno che urla. «Vergogna», «Vergogna». Sono un gruppo di maestri e professori delle scuole milanesi, i pasdaran del «nulla si tocca». Quello che grida di più è un signore grosso, pelato, tanti muscoli, che da lontano ricorda un lottatore greco-romano, contaminato da un po di wrestling. Fedele Confalonieri, presidente di Mediaset, anche lui lì a parlare del libro del Giordano, chiacchiera di narrativa americana e dellautobiografia di Obama, Dreams from my father. Obama lo affascina, per questa vita da middle class bianca, con un padre nero e lontano, inesistente. Obama e la sua identità, tutta da definire, come capita a chi si muove lungo un confine. Confalonieri parla e non sembra dare troppo peso ai rumori di fondo della protesta in arrivo. È una questione di orizzonti.
Giù gli studenti iraniani cantano contro la dittatura. Su sono già passate le sei e trenta della sera e bisogna cominciare. La sala è piena. Giordano prova a dire mezza parola e unonda di insulti, concetti vaghi in difesa della scuola pubblica, frasi buttate a voce alta qua e là, chiasso e rumore sommergono tutto. Giordano ci riprova e niente. Qualcuno tra il pubblico comincia a innervosirsi, dice a maestri e professori di fare silenzio. «Siamo qui per ascoltare Giordano, Confalonieri e la Gelmini, se a voi non interessa, andate a casa». I contestatori rispondono, gli ospiti rivendicano il diritto di ascoltare. Cè un gran caos. Su una cosa sono tutti daccordo: non si capisce nulla. Maestri e professori non vogliono che si parli di scuola, di 5 in condotta e neppure di letteratura americana, tanto per far contenti Confalonieri. Lobiettivo principale e dichiarato è oscurare la Gelmini, farla innervosire, boicottarla, toglierle la parola. A lei a Giordano, a Confalonieri. A tutti. «Via via, vergogna, vergogna», urla il lottatore greco-romano, di professione maestro elementare. «Fascisti». Il ministro prova a dire: «E questa voi la chiamata democrazia?». Fischi. Cè gente che si lamenta perché era lì, in libreria, per sentir parlare di libri. Una signora racconta che ha preso tre tram, ed è partita da casa alle quattro e trenta. «Perché non mi fanno sentire nulla?». Qualcuno chiede se non è il caso di chiamare la polizia. È uno strano tempo questo: cè bisogno della polizia per difendere i libri. Brutta storia.
Giordano prova con il dialogo: «Vi abbiamo ascoltato, ora fate parlare un po anche noi». Niente. Questa presentazione non sha da fare. E così sia. Dopo un quarto dora di caos si annulla tutto. Non è il caso. È la vittoria dei sabotatori. È il paradosso di un libro che parla di scuola, e di cinque in condotta, zittito da un gruppo di maestri e professori. È la censura di chi dovrebbe avere con i libri un rapporto quasi sacro. Cè qualcosa che non torna.
In Iran ci sono libri che non si possono leggere.
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