L’ultima di Moratti: Mancini resta «Ma Capello è il più bravo di tutti»

Moggi e il tecnico? «Avrebbero voluto venire all’Inter». Il nostro? «Una persona per bene»

Riccardo Signori

L’ultimo colpo di fantasia di Massimo Moratti arriva nel giorno del sessantunesimo compleanno. E risponde alla domanda: come confermare un tecnico dicendogli che ne voleva un altro. Ieri, appunto, Moratti ha ufficialmente confermato Mancini sulla panca dell’Inter per il terzo anno consecutivo. Davanti a interrogazioni precise non ha avuto le solite titubanze. Mancini resta? «Ebbene sì, senza dubbio». «Ma che quest’anno faccia bene», ha soggiunto lasciando intuire il commento critico alla stagione nerazzurra. Lamento giustificabile, nonostante le due coppe conquistate in questa stagione.
Però Moratti non è riuscito a mordersi la lingua quando il discorso è andato su Capello. «Lo considero, come tutti, forse il miglior allenatore che ci sia in circolazione, quindi ho un grande rispetto per la sua professionalità». A quel punto poteva soggiungere: lo avrei preso, se la Juve non fosse finita in tutto quel marciume. Non l’ha fatto, limitandosi invece a sottolineare un distinguo fra Capello e Moggi, che in momenti diversi sono stati molti vicini all’Inter. Il patron nerazzurro non si è negato l’ironia: «Vicini nel senso che avrebbero voluto venire all’Inter... può darsi. Ma sono due cose diverse. Per Moggi, bravissimo a gestire la squadra, che è una grande dote, non c’è mai stato modo di avere rapporti tali da poterlo far venire all’Inter». Sottinteso: per Capello invece sì.
Insomma Mancini ricomincia da una bocciatura, più che da una conferma di fiducia. Di solito, quando Moratti riparte così non riesce a concludere il campionato successivo con lo stesso allenatore (sembra di rivedere le storie di Simoni e Cuper). Da qui dubbi e perplessità dell’allenatore nel continuare il rapporto, soprattutto se Moratti confermerà l’idea di rinnovare il contratto a Recoba. Il Chino ha fatto il suo tempo all’Inter. Non lo pensa solo il tecnico che, davanti a un rinnovo contrattuale, straccerebbe d’impulso il suo contratto. Probabilmente non lo farà, ma dovrà evitare gli errori di questo biennio: cercar migliore collaborazione con i giocatori, evitare troppi litigi e contrapposizioni di spogliatoio. E migliorare situazioni tecniche. «La difesa è andata bene, l’attacco no», ha ammesso l’allenatore. Ed è già un progetto per il futuro. Moratti ieri ha cercato di restituirgli buon umore, cercando dentro le sue parole qualcosa che non trovava. Soprattutto ha sviato da questioni tecniche: «Mancini si sta comportando molto bene, anche da un punto di vista umano oltre che professionale. Sta facendo capire di essere persona molto per bene e questo, oggi, serve». Persona per bene non significa bravo tecnico. Tranquilli, nessun lapsus.
In realtà l’accento sulle qualità umane è un modo per spiegare l’accantonamento di Capello, al quale Moratti ha inviato altri baci e abbracci quando il discorso si è trasferito sul calcio marcio targato Juve, e sugli elogi del tecnico a Moggi. «Capello ha parlato come chiunque si fosse trovato al posto suo. È stato molto dignitoso, era il comportamento corretto di una persona che sta in una società. Ha difeso il proprio lavoro. In quanto a Moggi sento molte persone, anche fra i giornalisti, che fanno finta di non aver avuto stima e amicizia. È facile dirlo dopo». Moratti, invece, da una decina di anni va lamentandosi per storie di arbitri e favoritismi. «E ora è molto antipatico constatare che la mia non era solo rabbia. Purtroppo era tutto vero. Scopri di avere buttato via soldi, speranze e passioni. Da dieci anni siamo in polemica per questa situazione e, dopo dieci anni, uno si stanca. E quando viene fuori che hai ragione, la stanchezza non passa perchè vedi che tutti sono stati dietro a questa situazione».

Stanco, certo, ma negli ultimi cinque-sei anni, Moratti si era messo in scia di Juve e Milan per averne vantaggi economici almeno dal punto di vista televisivo. Insomma ormai erano più parole che fatti. Senza dimenticare che, quando Facchetti ha provato a fare resistenza, ha trovato proprio nel patron il primo sabotatore delle idee e delle voglie.

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