L’ultima pista porta ai palestinesi

RomaÈ un uomo libero. È fuori dal carcere. Non ha obbligo di firma, potrà ottenere la patria potestà sulla figlia. Avrà di nuovo un passaporto, potrà viaggiare. E ora, a 29 anni dalla strage di Bologna, dice: «Non temo più nulla, quello che doveva succedermi è successo. Ma ora si cerchino nuovi spazi d’indagine»: il coinvolgimento internazionale, la pista palestinese.
Valerio «Giusva» Fioravanti, l’ex terrorista «nero» dei Nar condannato all’ergastolo come uno dei tre responsabili dell’esplosione alla stazione bolognese del 2 agosto 1980 con la moglie Francesca Mambro e con Luigi Ciavardini, non ha più giorni di pena da scontare. La sua liberazione non è frutto di un beneficio giudiziario, ma dell’applicazione della norma sul «sicuro ravvedimento». Se il carcerato ha tenuto durante la reclusione «un comportamento tale da farne ritenere sicuro il ravvedimento», ha diritto alla libertà per un periodo di prova di cinque anni, con l’imposizione di non lasciare il Comune di residenza. I cinque anni per Fioravanti sono passati, la prova è superata. Non c’è niente che possa destare scandalo, ha tenuto a sottolineare l’avvocato, Michele Leonardi: è tutto previsto «dalla legge». Sono arrivate proteste dall’Italia dei valori: il senatore Stefano Pedica ha parlato di una «regia occulta». Libertà «vergognosa», l’ha definita Mario Adinolfi, della direzione nazionale del Pd. Opposto il commento dei radicali, con Marco Cappato: «È uno dei rarissimi esempi di speranza per lo stato di diritto in Italia». Indignazione dall’associazione familiari delle vittime, anche se l’errore, spiega il presidente, Paolo Bolognesi, fu commesso nel 2004, «con la concessione della libertà condizionale».
Da uomo libero, l’ex leader dei Nar ora suggerisce: si indaghi «senza barriere ideologiche». La procura di Bologna lo sta già facendo: si lavora a un’inchiesta bis, aperta nel 2005 su impulso del dossier Mitrokhin. Il fascicolo ruota intorno a due personaggi del terrorismo internazionale: il venezuelano Carlos, al secolo Ilich Ramírez Sánchez, detto «lo sciacallo», e Tomas Kram, delle «revolutionaaere Zellen» tedesche, esperto di esplosivi. Kram pernottò all’Hotel Centrale di Bologna nella notte tra l’1 e il 2 agosto. Il pm Enrico Cieri è in attesa di perizie dalla Francia e della traduzione di quindici anni (1975-1990) di rapporti della Stasi, la polizia segreta dell’ex Germania dell’est.

In questo filone sono confluite nuove carte arrivate da Ungheria, Gran Bretagna, Grecia e Svizzera, e le rivelazioni fornite da Francesco Cossiga in un’intervista al Corriere della Sera, in cui parlava della pista palestinese dietro la bomba alla stazione. Carlos «Lo sciacallo», interrogato da Cieri ad aprile, ha fatto mettere a verbale: Mambro e Fioravanti sono innocenti, la strage di Bologna «è roba della Cia. I servizi italiani e tedeschi lo sanno bene».

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