L’Unione indossa la camicia di forza del maggioritario

Francesco Damato

Era prevedibile che i fanatici del maggioritario, di vecchia e nuova data, usassero i risultati obiettivamente paralizzanti delle elezioni tedesche per darne la colpa al sistema proporzionale e per accusare di avventurismo quanti vorrebbero ripristinarlo in Italia.
Ma il proporzionale tedesco è assai diverso da quello che la maggioranza ha proposto da noi e che ha scatenato l'ostruzionismo generalizzato dell'opposizione. In Germania non c'è il premio di maggioranza, che si è invece proposto di introdurre in Italia per garantire, anzi rafforzare il bipolarismo. I partiti rimarrebbero obbligati ad allearsi prima del voto e la coalizione vincente, anche se di strettissima misura, disporrebbe in Parlamento, appunto grazie al premio di maggioranza, di un numero sufficiente di seggi per governare.
Quella tedesca è una musica quindi che la sinistra fa male a suonare in chiave italiana. E non solo perché il proporzionale da noi sarebbe diverso, ma anche perché l'indubbio recupero del cancelliere socialdemocratico Schröder, passato da una sconfitta annunciata al sostanziale pareggio con la sfidante Merkel, è avvenuto su una linea politica che con la sinistra italiana non c'entra per niente. Schröder ha recuperato buona parte dello svantaggio attribuitogli dai sondaggi rifiutando il massimalismo. I presunti riformisti italiani, da Prodi a D'Alema, cercano invece di sconfiggere Berlusconi inseguendo Bertinotti e Cossutta, i Lafontaine e Gysi di casa nostra.
Non è una differenza da poco. Né la sinistra riformista può decentemente cavarsela ancora appellandosi al maggioritario, che per vincere li obbligherebbe ad allearsi anche con il diavolo. Se questa spiegazione della loro debolezza nei rapporti con la sinistra massimalista fosse onesta, dovrebbero avvertire il maggioritario come una insopportabile camicia di forza. Invece essi la indossano tanto volentieri da alzare barricate in Parlamento, e minacciarle anche in piazza, contro ogni tentativo di riformare la legge elettorale. La sinistra riformista ha ereditato dal comunismo il rifiuto o l'impossibilità quasi genetica di avere nemici a sinistra. E così essa predica bene e razzola male. Può anche vincere le elezioni sfruttando i pertugi del maggioritario ma non può poi sottrarsi ai condizionamenti di un massimalismo refrattario ad una qualsiasi azione di governo in una economia di mercato com'è quella che ora ci viene peraltro imposta dall'appartenenza all'Unione Europea.
Il quadrato che la sinistra italiana sta facendo attorno al maggioritario viene anche da qualcosa di torbido che Sandro Bondi ha avuto il coraggio di sottolineare in una intervista al Corriere della Sera di domenica scorsa. Oltre a precisare che «non siamo mai stati contrari al proporzionale» e a ricordare «il malfunzionamento di questo maggioritario», il coordinatore nazionale di Forza Italia ha detto che «la sbornia maggioritaria è stata una filiazione diretta di quella giustizialista degli anni ’90».
In effetti, se nel 1993 un Parlamento affollato di inquisiti non fosse stato chiamato a decidere sotto il ricatto giustizialista dello scioglimento anticipato, poi arrivato ugualmente, sarebbe forse riuscito a tradurre il risultato del referendum elettorale in una forma mista di maggioritario e proporzionale più accettabile di quella ora in vigore. Che in soli 11 anni, dal 1994 ad oggi, ha prodotto una ventina di partiti, uno scioglimento anticipato delle Camere, nel 1996, e otto governi.

E per fortuna il secondo di Berlusconi è durato da solo quasi quattro anni.

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