Politica

L’«Unità» è in crisi: copie in picchiata scatta lo sciopero

Rese superiori al venduto, i giornalisti lanciano l’allarme

da Roma

Per i quotidiani di sinistra stare al governo non paga in termini di vendite. L’emorragia di copie dell’Unità non si è arrestata da quando Prodi e D’Alema sono tornati a Palazzo Chigi. Ieri la tensione sindacale si è trasformata in uno sciopero che oggi farà mancare dalle edicole il giornale fondato da Antonio Gramsci e legato a filo doppio alla storia dei Ds.
«Vorremmo certezze, un progetto che garantisca sin da ora il futuro dell’Unità», hanno scritto in un comunicato i redattori ai quali è stata negata la pubblicazione di una pagina a pagamento nella quale si denunciavano i timori sulla prosecuzione dell’attività. «Noi - aggiungono - non sappiamo dirvi se allo stallo degli ultimi sei mesi si sostituirà una fase di rilancio. Nessun chiarimento c’è stato dato».
Ricostruire la vicenda che ha portato all’esplosione della crisi è semplice. Il responso delle edicole non è lusinghiero. A novembre, secondo i dati Ads rielaborati da Prima Comunicazione, l’Unità ha venduto 57.509 copie in media al giorno con un calo del 3,8 per cento rispetto allo stesso mese del 2005. Anche nei mesi precedenti il trend della diffusione si era attestato sugli stessi livelli. Un andamento negativo che produce un drammatico paradosso: a fronte di 126mila copie tirate mediamente ogni giorno, il numero delle rese è costantemente superiore al venduto.
L’aver perso quota 60mila è un segnale che fa riapparire gli spettri del 2000 quando il progressivo calo delle vendite non fu arginato dall’autoriduzione degli stipendi e la testata andò in liquidazione. Gli scioperi per il mancato rinnovo del contratto nazionale dei giornalisti hanno peggiorato la situazione. All’inizio di gennaio, l’amministratore delegato di Nie (l’editore dell’Unità; ndr), Giorgio Poidomani, ha preso carta e penna e come un qualunque abbonato di una sezione Ds ha scritto al direttore Antonio Padellaro che ne ha pubblicato la missiva. «Il tuo povero giornale può prescindere dal conto economico?», si chiedeva l’ad preoccupato dal danno causato dagli scioperi. Nonostante i 6 milioni di finanziamento statale al giornale Ds.
Nel frattempo, Poidomani affidò a Value Partners (la stessa società che sta curando il business plan di Telecom) il compito di preparare un nuovo piano industriale che rilanciasse vendite e pubblicità. Tra un’indiscrezione e l’altra in redazione giunse la voce che l’edizione del lunedì sarebbe stata tagliata e che il nuovo format privilegerebbe le opinioni ai contenuti con relativi tagli all’organico. Le prime agitazioni non hanno trovato risposta e l’informativa dell’editore dovrebbe arrivare solo a fine marzo. Di qui lo sciopero.

Ma i Ds al governo di sicuro non portano fortuna al quotidiano.

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