Le lacrime di gloria di uno scienziato

Per i fisici, è l’equivalente della scoperta dell’America, del Dna o dello sbarco sulla Luna Dopo più di 40 anni la prova che i modelli matematici sul mondo subatomico sono corretti

Higgs lo sapeva. Lo sa­peva come Prospero nella Tempesta che «noi siamo fatti del­la stessa sostanza dei sogni». E i sogni pesano. Lo sospettava da quasi cinquant’anni, da quella prima volta in cui teorizzò che il conto dell’universo poteva esse­re nascosto in un numero imma­ginario. C’era qualcosa che non tornava nella nostra idea dell’uni­verso, qualcosa che sfuggiva alla logica mate­matica del «modello standard». La domanda che tutti i fisici si sono fatti per anni è dove fosse tutta quella massa mancante, perché il model­lo non corrispondeva alle osservazioni, dove stava quello scarto tra l’imma­ginario e il reale, tra la mappa e il territorio. Dove sta quel ma­ledetto bosone che darebbe un senso e un corpo al tut­to? La particella di Dio, co­sì l’hanno chiamata. Qual­cosa di così inconsistente che nessuno strumento era in grado di vedere, ma così pesante da dare sostanza a tut­to l’universo. Noi oggi finalmen­te sappiamo che siamo fatti della stessa sostanza dei sogni. Ed è per questo che Peter Higgs ha pianto. È lì in platea come tutti, con la faccia allegra dei suoi 83 anni, con lo sguardo timido e imba­razzato di un uomo che si ritrova con il suo no­me appiccicato a quello di Dio. Accade ades­so. Fabiola Gianotti,la responsabile dell’espe­rimento del Cern, dice che sì,il bosone c’è,il bo­sone esiste. E lui, Higgs, stringe lo sguardo, le guance si rilassano, si toglie gli occhiali, tira fuori un fazzoletto, si guarda intorno, si asciu­ga gli occhi, si rimette gli occhiali, accartoccia il fazzoletto nella tasca dei pantaloni e applau­de insieme agli altri. Da lì a poco, quando i gior­nalisti lo circonderanno per chiedere un com­mento, non dirà frasi epocali. Nessuna formu­la magica. Niente di monumentale. Ma solo un «non sono mai stato così felice». Higgs è inglese, è nato nel 1929, anno di crisi, anno disgraziato, e quasi non crede a quello che sta accadendo. «È incredibile che la particella sia stata scoperta quando io sono ancora in vi­ta ». Pensava che non avrebbe mai trovato con­ferma alla sua teoria, che gli anni stavano pas­sando e comunque lei era difficile da scovare. Era un’idea, un sogno, un’ossessione, come Moby Dick, come la balena bianca. E pensare che tutto è iniziato per caso. Per una censura edi­toriale. Un collega di Higgs, Leon Lederman, scrisse un libro che avrebbe voluto chiamare «Goddamn Particle» , la dannata particella. Ma l’editore non voleva un titolo che sembrasse una mezza bestemmia. E così alla fine qualcuno disse: «Chiamiamola God Particle». La particel­la di Dio. Non più una bestemmia, ma un desti­no. La risposta a tutte le domande. Ma poi cos’è questa particella di Dio? Higgs spiega che è anche un campo, diffuso ovunque nello spazio. È da qui che passano le altre parti­celle, gli elettroni,i quark,i fotoni.Ci sono più co­se in­cielo e in terra di quanto la tua filosofia pos­sa comprendere. Ancora Shakespeare. Amleto. Amleto che parla con l’amico Orazio.È questo il bello. Perché quando passano nel campo del bo­sone non vanno via lisce. Non tutte almeno. I fo­toni sì, loro vanno, continuano ad andare alla ve­locità della luce. Ma le altre si appesantiscono. Prendono sostanza. Acquistano massa. Rallen­tano. Alcune come i quark top diventano pesan­tissime. Altre come gli elettroni rimangono più leggere. È come se lì in quel campo ci fosse della colla. Ci vuole fantasia per immaginare tutto questo. Ci vuole genio per scriverlo con il lin­guaggio della matematica. E se poi è vero piangi.

Piangi come un padre che abbraccia il figlio,co­me l’ultimo compito di matematica al liceo, co­me il giorno in cui ti arriva il primo stipendio, co­me quando riesci a trasformare i pezzi di legno dell’Ikea in un armadio,come un gol al novante­simo in una finale mondiale o nel torneo di cal­cetto. Epiangiperchédalloscontrosuperaccele­rato tra protoni e antiprotoni spunta il pezzo di puzzle mancante. Perché è tutto vero. Perché ce l’hai fatta. Perché almeno una volta nella vita ti sembra davvero che Dio esista.

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