Roma«Lavorare con Johnny Depp? È come farsi una passeggiata al luna park: non mi sento un attore internazionale, ma un siciliano. Neanche di Messina. A stringere, uno di Galati Marina», minimizza Nino Frassica, i cui telefonini squillano di continuo mentre parliamo (e le suonerie vanno dalla colonna sonora de Il padrino alla sigla duna potente casa produttrice Usa). «Devo riconoscere chi mi chiama», dice lui, che a sessantanni vive una stagione croccante, quasi unaltra giovinezza tra cinema di qualità e tivù popolare di livello. Da quando lha chiamato il premio Oscar Florian Henckel von Donnersmarck («che nome difficile, io lo chiamo Florian e basta»), per la parte dun vigile imbranato nel thriller hitchcockiano The Tourist, con Angelina Jolie agente dellInterpol e il sexy Cappellaio Matto turista-terrorista un po loffio, inseguito a Calle delle Beccarie dal nostro simpatico piedipiatti, tutti vogliono Nino. Con le sue stravaganze linguistiche, con i modi sornioni di chi la sa lunga e non saspetta «nienti» pure quando ha tutto, Frassica, creatura di Arbore, non è più un attore, ma un concetto. Di che cosa, ce lo spiega lui.
Comè andata col divo globale Johnny Depp?
«Tutti questi fan scatenati non lho visti. I veneti sono molto educati. Se ne stavano composti, a sbirciare un po... Certo, i fotografi hanno fatto il loro lavoro. Io faccio una guardia municipale imbranata e aggiungo una nota divertente. Un divo di passaggio, insomma, con licenza dandare al luna park. E cerco di capire chi è questo pazzo che saggira in pigiama a Venezia».
Che è Depp, uno che scatena le platee. Ha notato qualcosa di speciale in lui?
«Unenorme gentilezza. Prima mi spingeva e subito dopo mi chiedeva scusa. Ogni volta. Ci siamo spintonati parecchio nella scena dellinseguimento, tra Rialto e Santa Sofia, con i banchi di frutta per aria. E alla fine, tutte due nel canale... Anche se in acqua cerano le controfigure».
Che idea sè fatta del regista de «Le vite degli altri»?
«Parla come il Papa, in italiano con accento tedesco. Gentile e meticoloso. Mentre ero al trucco chiedeva che cosa pensassi del mio ruolo. Una miniriunione per me, con lui che mi chiedeva pareri... tuttaltra cosa dal set di Sofia Coppola, Somewhere, dove parlavo, qualcuno traduceva chissà cosa e la Coppola rispondeva in inglese. Pure lì, il copione me lo davano giorno per giorno. I produttori americani hanno paura dello spionaggio. Hanno unidea dellItalia...».
E invece comè il nostro Paese visto da Frassica?
«Pieno di persone perbene. Non è unItalia con la pistola, come si vedeva nei film anni Settanta. Sarà che a furia di fare il maresciallo Cecchini in Don Matteo, mi sento un vero carabiniere anchio».
In che senso?
«Rispetto gli altri e provo solidarietà per gli altri. Sembra luovo di Colombo, ma bisogna diffondere fiducia. Per i tg lItalia è disgraziata. Ma dopo il tg, quando le famiglie vedono don Matteo e il capitano, capiscono che si può avere fiducia nel prossimo. Prima della fiction, la gente scappava vedendo i carabinieri».
Il carabiniere che è in lei torna nel film di Rocco Mortelliti «La scomparsa di Patò», il primo tratto dallomonimo romanzo di Camilleri, veicolato dal Montalbano tv?
«Sono abbonato alla divisa, non mi dispiace. E poi il mio maresciallo Giummaro imbastisce una bella storia dazione col delegato di polizia, Maurizio Casagrande. Insieme cercheremo lo scomparso Patò, cioè Neri Marcorè. Di piacevole cè che parlo in dialetto. Di solito i miei personaggi hanno una cadenza siciliana naturalistica, ma qui gli sceneggiatori, Camilleri, Mortelliti e Nichetti, hanno scelto lagrigentino. Mi farò capire».
A maggio la coppia Spencer/Hill avrà il David di Donatello, lei lavora con i premi Oscar Tornatore ed Henckel. Cè uno sdoganamento degli attori popolari da parte del cinema «alto»?
«Quando fai varietà il cinema ti trova inflazionato e non ti chiama. A The Tourist sono arrivato perché Florian ha chiesto allaiuto regista, Alberto Mangiante, se conosceva qualcuno che sapesse improvvisare. Lo scilinguagnolo, le trovate lì per lì, mi vengono dallavanspettacolo. Con le debite proporzioni, mi succede ciò che successe ad Alberto Sordi. Lo bocciarono allAccademia darte drammatica perché dissero che parlava come parla la gente comune. Che non era un attore».
Cè un boom delle fiction: che cosa ne pensa?
«È come a Porta Portese: puoi trovare perle o schifezze.
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