Politica

Legge Biagi, tasse, Tav e Irak: gli alleati chiedono il conto al Prof

Sinistra radicale e Cgil puntano alla riforma del lavoro, ma Dl, Cisl e Uil si oppongono. Scontro tra Prc e Rosa nel pugno sul futuro della missione militare

Antonio Signorini

da Roma

Fausto Bertinotti dice che a Prodi dirà «un solo no», quello per rifiutare un ministero o un vicepremierato. I Democratici di sinistra si mostrano fiduciosi e sostengono che alla fine anche l’Unione troverà la «quadra» bossiana su tutte le questioni rilevanti. Ma le prime mosse sembrano dimostrare che la maggioranza parlamentare risicata, più che suggerire un serrate le fila, ha portato i singoli partiti dell’Unione a rafforzare le rispettive identità politiche. Con il risultato che si sono riaperte partite che sembrano chiuse da tempo e che tutte le principali questioni di politica interna, estera ed economica si sono trasformate in potenziali minacce alla sopravvivenza di un eventuale governo Prodi.
La Legge Biagi. Il compromesso sul «superamento» della riforma del lavoro è stato rimesso in discussione dai partiti della sinistra radicale, Prc, Pdci e Verdi, ma anche - e soprattutto - dalla Cgil di Guglielmo Epifani. Tutti chiedono la cancellazione della legge e nei Ds si comincia a parlare di «radicale riscrittura» del pacchetto di norme. Un’eventualità che non piace alla Margherita, a parte dei Ds e anche agli altri due sindacati confederali, Cisl e Uil, che possono contare su diversi amici tra i parlamentari di centrosinistra. «Ce n’è abbastanza - ha sottolineato recentemente il sottosegretario al Welfare Maurizio Sacconi - per sostenere che al Senato su questo tema una maggioranza non c’è più».
Legge sulla rappresentanza. Tema meno dibattuto sui giornali, ma molto più sentito tra i sindacati, la proposta di una legge che fissi regole per «pesare» i sindacati. Nel programma dell’Unione c’è un riferimento che la prevede, chiaramente ispirato dalla Cgil. Cisl e Uil vogliono che la politica resti fuori e che, al limite, il legislatore recepisca un accordo tra le parti. Se l’Unione dovesse tentare di realizzare questo punto del programma pezzi importanti del centrosinistra si opporrebbero.
Ritiro dall’Irak. Il calendario non consente rinvii. Tra due mesi il Parlamento dovrà votare il rifinanziamento della missione italiana nel Paese arabo, ma la sinistra dell’Unione chiede un ritiro immediato. La soluzione potrebbe essere per il momento, l’inserimento della parola «ritiro» nel decreto. Ma la grana potrebbe ripresentarsi quando il centrosinistra dovrà decidere come e quando realizzarlo concretamente. E che non si tratti semplicemente di una querelle terminologica lo dimostra lo scontro che già sta contrapponendo Rifondazione comunista alla Rosa nel pugno, con i primi impegnati a evitare ai secondi l’occupazione di un ministero chiave. I radicalsocialisti, secondo il Prc, sono troppo filo-Usa.
Tasse. Ogni accenno della Margherita e del suo leader Francesco Rutelli ai «ceti medi» è da interpretare come un avvertimento. I moderati dell’Unione non accetteranno misure che colpiscano i proprietari di case e i risparmiatori. I partiti della sinistra radicali, invece, insistono sulla leva fiscale come mezzo per redistribuire la ricchezza. Anche sulla principale proposta dell’Unione, cioè il taglio del costo del lavoro di cinque punti percentuali, non c’è accordo. Il problema è chi beneficerà del taglio. Per la sinistra prevalentemente i lavoratori, mentre per i moderati dell’Unione i soldi devono rimanere alle aziende.
Infrastrutture. Il partito anti Tav è tutto dentro l’Unione. Eppure, ufficialmente, il centrosinistra sostiene di non aver rinunciato alle costruzione di strade, ferrovie, gallerie. Un rebus difficile da risolvere per una maggioranza così debole.
Laici contro cattolici. Più che una cambiale a rischio di protesto, è una frattura politica che accompagnerà tutto il governo Prodi. Ieri Giuseppe Fioroni della Margherita ha rimproverato i Ds di aver seguito la laicissima Rosa nel pugno sui temi che interessano i credenti. Polemiche sicuramente ispirate dalla disputa con Piero Fassino sul «peso» dei rispettivi partiti. Ma conta anche la battaglia annunciata dai partiti laici per l’abrogazione delle riforme dell’istruzione varate da Letizia Moratti, le diverse interpretazioni dei patti di convivenza e altri temi come la legge sulla fecondazione assistita.

Più in generale, saranno difficili i rapporti con la Chiesa, con un partito come la Margherita che guarda al Vaticano e ha un elettorato prevalentemente credente e la Rosa nel pugno, che propone l’abolizione del Concordato.

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