Legge elettorale, il modello è il Tatarellum

da Roma

Senza una nuova bicamerale la riforma della legge elettorale passa necessariamente attraverso un sentiero tortuoso che potrebbe portare a un risultato molto simile al Tatarellum. Il percorso, però, non si preannuncia facile perché i cespugli della Cdl e dell’Unione non accetteranno di farsi «potare».
«Nessuno ha mai parlato di bicamerale», ha ripetuto ieri mattina il premier Romano Prodi prima di entrare al Senato sbarrando la strada alla costituzione di un organo preposto alla riforma, auspicato in primis dal ministro dell’Interno Giuliano Amato. Un rifiuto che giunge pure dal presidente della commissione Affari costituzionali della Camera, il diessino Luciano Violante. Se il Professore non vuole abdicare al ruolo di supervisore di ogni iniziativa che spetta al titolare di Palazzo Chigi, in casa Ds si pensa evidentemente di poter costruire ampie convergenze anche senza una commissione ad hoc.
Ma è stato il leghista Roberto Calderoli a dare una lettura diversa del discorso prodiano sostenendo che nella sua replica «ha sbattuto la porta in faccia ai referendari parlando di coalizioni e ai giochini Udc-Ds bocciando il modello tedesco: la riforma è vicina».
Violante, invece, ha delineato una «legge elettorale maggioritaria per la Camera e proporzionale al Senato». Ma questo non è l’unico iter prefigurato. Sempre ieri il ministro per i rapporti con il Parlamento, Vannino Chiti, ha sottolineato che ci vuole «un’intesa politica sufficientemente ampia con l’opposizione, senza “bandierine”». Tre sono i punti di possibile convergenza: taglio dei parlamentari, ruolo del premier e sfiducia costruttiva.
L’identikit disegnato da Chiti somiglia al Tatarellum, il sistema per eleggere i Consigli regionali con premio di maggioranza e indicazione del premier. La soluzione piace al Pdci («è il più aderente alla realtà del Paese», ha detto Sgobio) e non è sgradito ai partitini.Ma c’è chi lavora su altri fronti. Il doppio turno alla francese che piace ai prodiani, all’Ulivo e ad Amato non ha raccolto larghi consensi tranne quello di Willer Bordon. Udc, Prc e parte dei Ds (per Fassino il bipolarismo è «condizione irrinunciabile») lavorano per il proporzionale alla tedesca con sbarramento al 5%. Forza Italia e An attendono. «Bastano piccoli ritocchi alla normativa attuale», ha ripetuto l’azzurro Renato Schifani sostenendo, insieme con la Lega, la bozza D’Alimonte.

Altero Matteoli (An) ha messo dei paletti: «Bipolarismo, alternanza e programma di governo». Il rischio di incartamento c’è, anche se ieri Confindustria con Matteo Colaninno ha agitato nuovamente lo spettro del referendum.

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