Il legittimo sospetto di Garzón: vuole scegliere lui chi lo giudica

Garzón esce dall’auto e si guarda intorno soddisfatto. Garzón è più sereno. Ha vinto lui e lo sa. Il giudice ha ricusato gli altri giudici e alla fine l’ha spuntata. Gli altri sono fuori, lontani. La sua richiesta di ricusazione era stata presentata a dicembre contro cinque dei sette membri della Sala Penale, considerati poco obbiettivi perché si sono già pronunciati su ricorsi durante la fase istruttoria del giudizio sui crimini franchisti. Insomma, messo alle strette, il giudice liberatore, l’idolo della sinistra progressiste, ha cambiato faccia. Lui che si vanta di sfidare i potenti, stretto tra le maglie della giustizia si è piegato, ha giocato il jolly e ha sbancato. È la prima volta infatti nella storia del Paese che il Tribunale Supremo decide di rimuovere così tanti magistrati.
Una faccenda complicata, che si gioca a colpi di battaglie legali, giudice contro criminali di guerra, estremisti di destra contro il giudice, magistrato contro magistrati. In mezzo un Paese costretto a rifare i conti con un passato che sperava di aver sotterrato almeno 34 anni fa.
La lotta inizia quando il giudice «paladino dei deboli» decide di toccare il nervo più scoperto della storia spagnola: il franchismo. Le indagini riaperte sui crimini del passato dividono, indignano e fanno male, riaprono ferite rimarginate con tanta fatica da quel decreto di amnistia approvato dal parlamento nel lontano 1977. Allora si era scelto di coprire i crimini, di chiudere con il passato. Era il male minore, una soluzione calata dall’alto per ricominciare a guardare al futuro. Poi era arrivato Zapatero, la voglia di cambiare e di sovvertire le convenzioni. Nel calderone era finita anche la memoria di un Paese. Garzón aveva iniziato a indagare, a cercare decine di migliaia di persona scomparse durante la guerra civile e la dittatura franchista, tra il 1936 e il 1975. Garzón s’era spinto ad autorizzare persino le riesumazione dei cadaveri dei caduti dalle fosse comuni per ristabilire la verità sul franchismo. Per tutta risposta erano arrivati i ricorsi presentati dalle associazioni di estrema destra, con l’accusa di «prevaricación», accuse di abuso di potere. Nel 2010 la Corte Suprema ha autorizzato il processo al magistrato dell’Audencia Nacional, accogliendo il ricorso. Oggi l’ultimo round di una guerra infinita se l’è aggiudicato il giudice. Eppure era lo stesso Garzón che in un’intervista nel 2005 spiegava: «L’esperienza mi dice che hai una sola arma per scoprire la verità: indagare in fretta, prima che si metta in moto la macchina per bloccarti». Ecco, questa volta lui la macchina l’ha spenta addirittura prima che partisse. Intanto però la Spagna è cambiata. Il vento ha cambiato direzione, Zapatero il rivoluzionario, il leader sostenitori dei diritti è al tramonto. Eppure nel calderone c’era proprio di tutto, dai diritti ai gay, ai primati, in mezzo anche il diritto di riaprire ferite antiche. Oggi la Spagna è in difficoltà e non ha più voglia di fare conti con il passato. La sinistra è ai minimi storici e non convince più, i progressisti hanno dato la colpa alla tremenda crisi economica che ha messo in ginocchio un Paese che solo tre anni fa prometteva miracoli e faceva invidia all’Europa intera.

Il futuro glorioso è stato spazzato via da un’economia in crisi, a Madrid fino a domenica sono rimasti accampati gli indignados, giovani senza prospettive e senza futuro. La Spagna deve lottare per tornare a galla e invece sembra bloccata da questioni che sanno troppo di vecchio.

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