Gianni Baget Bozzo
Il rifiuto di Romano Prodi di confrontarsi con Silvio Berlusconi in un faccia a faccia indica la strategia che ha sempre guidato l'attuale leader dell'Unione nei confronti dell'attuale presidente del Consiglio: quello di negargli, non dirò soltanto la legittimità, ma anche l'esistenza. È lui che, nel '98, definì il congresso di Forza Italia ad Assago il «nulla», ciò che non esisteva. Con ciò negava, oggi come allora, l'esistenza politica a metà del Paese. Perché Prodi giunge a questa posizione? Egli ritiene che soltanto chi fa parte dell'establishment di centrosinistra possa esprimere il Paese: cioè che il popolo debba seguire una classe dirigente che si considera la sola capace di governare. È il sottile riflesso del partito intellettuale, che ritiene di essere il depositario nella sua qualifica culturale autoconferita di governare lo Stato.
Vi è un qualcosa di violento in questa lettura che si manifesta nella strategia che ha poi guidato la condotta politica della coalizione. Pensiamo all'episodio delle primarie: quello scrutinio è stato concepito come ciò che conferiva legittimità politica proprio perché era separato dal resto del Paese, perché costituiva un'autoselezione. Era infine quella che si autoconsiderava la parte migliore del Paese a creare legittimità, quella che il corpo elettorale avrebbe dovuto ratificare come unica possibile scelta.
E ciò si manifesta anche nel modo in cui è costituita l'Unione. Essa non è una sintesi politica, in realtà ogni partito presenta una propria identità e tiene a differenziarsi da ogni altra. Tende a coprire tutte le differenze politiche di destra, di centro e di sinistra e si presenta perciò come un fronte etico politico, come un'alleanza fondata su un principio morale che trascende la politica e include tutte le sue differenze in funzione di questo principio. Esso non è formulato ma è ben chiaro che tende a negare l'esistenza a Berlusconi e al centrodestra e a riassumere tutto il centrosinistra nella figura di Prodi.
Questa non è la realtà di fatto del centrosinistra e della sua forma politica, ma è la figura che esso di fatto assume per fondarsi come unità.
Partiti così diversi possono essere uniti solo se la loro unità trascende le loro differenze politiche e si manifesta quindi come unità omnicomprensiva, come unità totale. È questa la dimensione rivoluzionaria e autoritaria che si nasconde dietro una coalizione che nega, pur nel quadro del bipolarismo, all'altra la realtà dell'esistenza. Se vi è qualcosa che oggi in Italia assomiglia a una crociata, è questa coalizione totale dell'Unione, di cui Prodi, più che la dimensione reale esprime la figura simbolica.
È a un tempo vero che Prodi non controlla personalmente la coalizione sul piano reale e le conferisce un'unità sul piano simbolico. Prodi rappresenta l'esclusione radicale dell'altro e quindi una volontà rivoluzionaria di deporre il tiranno e di restaurare radicalmente un altro ordine. Come simbolo dell'Unione, esprime la volontà di togliere tutto ciò che è stato opera della precedente maggioranza, proprio perché essa, la maggioranza di Berlusconi, vive una realtà impura con cui non ci si deve contaminare.
Questo è il prodismo: reintrodurre nella politica italiana una sorta di sacro politico, che è l'Unione di Prodi in quanto di Prodi, contro una realtà profana e peccaminosa che è l'Italia di Berlusconi. I partiti che compongono la coalizione non sono prodiani nei loro fondamenti ma non possono essere prodiani nel loro simbolo politico, cioè la negazione della «serietà» dellaltra coalizione.
Assumere come slogan del prodismo la «serietà» significa dire che Berlusconi è politicamente un pagliaccio, una maschera che non ha titolo all'esistenza reale.
È questo leninismo debole che si esprime nella coalizione di sinistra e di cui la figura chiave è appunto Romano Prodi, che pratica lannullamento del centrodestra, la sua riduzione a irrealtà politica. La dimensione non democratica del prodismo si manifesta bene nel rifiuto del dialogo, perché dialogare con Berlusconi vorrebbe dire riconoscerne lesistenza. E Berlusconi appartiene al mondo della maschera, della finzione, della irrealtà.
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