Barbara Silbe
Si muove nel cono d'ombra che si forma tra realtà e leggenda. Passo di velluto, maestoso, irraggiungibile, la natura ha scelto per lui un posto estremo dove vivere, fatto di ghiaccio e vette che sfiorano il cielo, di solitudini e silenzi senza fine. Animale raro e schivo, il leopardo delle nevi è considerato quasi un essere mitologico che a pochi è concesso di vedere in questa vita, come l'orso azzurro, come lo yeti, se mai esiste. Invece l'Uncia uncia, questo il nome scientifico, è una creatura reale diventata leggendaria per diverse ragioni. In primis le sue abitudini di vita, che lo vedono diffuso sulle montagne dell'Asia centrale, di norma fra i 3 e i 4.500 metri di altitudine, su pascoli scoperti e rocciosi o in zone impervie e innevate. La sua rarità poi, che lo rende particolarmente misterioso: i ricercatori stimano che non ne esistano più di 4mila esemplari tra le creste Himalayane e gli altipiani del Tibet, le gole selvagge del Pamir e le immense praterie della Mongolia.
Tra mito e realtà. In realtà, a dispetto del nome, non si tratta di un leopardo ma di un felino di grosse dimensioni, il più asociale dei predatori di montagna, dalla lunga coda striata e dal folto pelo delle zampe che lo rendono agile tra la neve, come la lince. È lungo circa due metri, pesa fino a 75 chilogrammi e ha la tana in caverne o crepacci. A questa specie schiva è dedicato un romanzo in bilico tra avventura e scienza: pubblicato per la prima volta nel 1978 (solo di recente in Italia per Neri Pozza) e scritto dall'americano Peter Matthiessen, «Il leopardo delle nevi» tratta l'incontro tra l'autore e lo zoologo George Shaller ed è considerato un grande libro di viaggio, capolavoro della letteratura d'ogni tempo.
A rischio di estinzione. Il leopardo delle nevi, classificato come specie minacciata di estinzione dalla Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, è nel mirino dei bracconieri che cacciano illegalmente la sua pelliccia (in Kazakistan il suo mantello vale fino a 60 volte più del salario minimo, e il vicino Kirghizistan ha perso il 50% dei felini negli ultimi 7-8 anni). Fonti del Wwf International segnalano che di recente uno scheletro intero di Uncia uncia è stato venduto per 10mila dollari.
Ritorno sull'Everest. La buona notizia, che segue questa ampia premessa, è che lo «snow leopard» è tornato a popolare i territori che la natura gli aveva assegnato. Dopo che i ricercatori del Comitato Ev-K2-Cnr guidati dal Prof. Sandro Lovari dell'Università di Siena, nel corso della missione nella valle del Khumbu, sullHimalaya, dello scorso novembre, avevano scoperto numerosi segni della sua presenza (impronte, graffi, escrementi), e dopo che un esemplare solitario era già stato fotografato nei pressi di Namche Bazar nel 2003, il nuovo avvistamento di due esemplari in azione sul versante meridionale del Monte Everest da parte del biologo nepalese Som Ale è la conferma del ritorno del felino nell'area del Sagarmatha National Park, una delle zone montuose più affascinanti del mondo.
Missione salvataggio. Il carnivoro era assente da quest'area fin dal 1960. Gli studiosi sostengono che, se non ci saranno interventi di tutela della specie, l'animale è destinato ad estinguersi. Numerosi enti internazionali stanno correndo in suo soccorso: oltre al World Wildlife Found e ad altre organizzazioni non governative, che operano in vari Paesi, è interessante la proposta scientifica italiana del Comitato Ev-K2-Cnr che rivolge la sua attenzione al territorio nepalese e al Parco dell'Everest. Scopo principale dell'iniziativa triennale, che coinvolge diversi enti pubblici e privati (come il nostro Ministero per le Politiche Agricole e Forestali), è quello di fare una stima del numero di esemplari presenti. Saranno coinvolti cinque ricercatori, per studiare il comportamento e l'habitat del leopardo delle nevi nella regione himalayana compresa tra i villaggi di Namche (3400 metri di altitudine), Phortse (3850 m.) e il lago Gorkyo (4750 m.).
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