La Liguria delle fabbriche una chiave per sperare nel futuro della regione

La Liguria delle fabbriche una chiave per sperare nel futuro della regione

«Intorno alla metà dell’Ottocento, Sampierdarena conta poco meno di 8mila abitanti, è ancora un comune autonomo - viene annesso alla Grande Genova nel 1926 - e l’economia è basata essenzialmente sulle attività legate al mare, l’agricoltura, l’artigianato e la piccola manifattura».
Poi l’arrivo degli imprenditori stranieri, l’opposizione dell’aristocrazia genovese alla nascita dei primi opifici, la linea Torino-Genova e con la ferrovia, la spinta necessaria a realizzare in quella porzione di terreno, uno stabilimento che in origine era destinato alla produzione di locomotive. Figure di spicco come Penco, Rubattino e Bombrini.
Eccola la nascita, l’ascesa e il declino dell’Ansaldo raccontati in un volume «Storie e itinerari dell’industria ligure» di Sara De Maestri e Roberto Tolaini, edito da De Ferrari, partner del progetto di ricerca l’Università degli Studi di Genova, Hofima del gruppo Malacalza e Fondazione Edoardo Garrone, finito di stampare neanche un mese fa. Un viaggio, perché di questo si tratta sfogliando il libro, lungo le tappe dell’industrializzazione ligure e delle trasformazioni territoriali che ne sono conseguite, attraverso una ricognizione dei principali siti ed edifici dove essa si è affermata. E così al centro della narrazione ci sono i luoghi dell’impresa e del lavoro operaio, esaminati a partire da due punti di vista differenti ma complementari, quello storico-economico e quello architettonico-territoriale, entrambi utili per conoscere i processi produttivi e le trasformazioni sul paesaggio.
L’obiettivo è quello di mostrare al pubblico la storia dell’industria ligure guardando sì al passato, ma soprattutto tenendo fermo e ben presente una visione sulla realtà attuale in modo da rendere ancora più comprensibili i cambiamenti e le trasformazioni che hanno plasmato vite, quartieri, territorio e l’anima intera di una regione. E più di tutto per dare una speranza al futuro, facendo in modo che l’esperienza precedente diventi un bacino di risorse a cui attingere da rilanciare in un’epoca a venire, e non un vincolo, un modello così difficile da riproporre da cui rimanere soggiogati.
Quindi, in questa prospettiva, il libro si apre con la descrizione del quartiere di Sampierdarena dei nostri giorni, dove ora sorge il grande centro commerciale della Fiumara e dove un tempo c’era lo stabilimento Meccanico Ansaldo. Le immagini sovrapposte dello spazio che adesso è occupato da vetrine, multisala, pala eventi e che un tempo invece ospitava officine, operai e grandi progetti. Ed ecco che immergersi nelle fotografie e negli scritti del libro è come fare un viaggio a ritroso nel tempo. Con i capitoli strutturati secondo un’organizzazione circolare per cui si parte della descrizione dello stato presente del sito per mostrare le origini e l’evoluzione, alternando sempre approccio storico economico per chiarire le scelte imprenditoriali e gli orientamenti produttivi, le tecnologie, i beni prodotti, le riconversioni, con l’approccio architettonico, più attento invece all’inserimento nel territorio, alle caratteristiche architettoniche, strutturali e tecnologiche. Altro capitolo, altro pezzo di storia. Si parte da via Corsica, l’arteria più importante di via Corsica dove ha sede una delle strutture alberghiere maggiori della città. E però, si scopre che l’imponente edificio progettato dall’architetto genovese Giuseppe Crosa di Vergagni, in origine non aveva alcuna finalità turistico-ricettiva, ma ospitava la sede dell’Ilva, allora la più importante impresa siderurgica italiana.
Una volta terminata la stagione della siderurgia pubblica, l’edifico ha perso le sue finalità industriali, acquisendo un’altra identità, ma conservando lo stesso i segni del passato. E anche qui ad accompagnare il lettore ad interpretare il presente alla luce di ciò che fu, ci sono immagini, tabelle e approfondimenti.
A Cornigliano invece, tra la foce del Polcevera e l’aeroporto di Genova Sestri, c’è l’impianto siderurgico di proprietà del gruppo Riva, esempio significativo - scrivono gli autori del libro - di come le esigenze dello sviluppo economico trasformino in profondità il territorio e l’ambiente, al punto che per erigere gli stabilimenti, si costruisce letteralmente il suolo, colmando un ampio braccio di mare e privando delle spiagge gli abitanti della zona.
Poi dopo la meccanica, l’elettromeccanica e la siderurgia, arriva il momento di affrontare il tema della cantieristica. Si parte da un’immagine di Sestri Ponente e dal cantiere navale di Fincantieri che sorge proprio sul sito dove nei primi dell’Ottocento era attivo il cantiere dei fratelli Cadenaccio, uno dei più grandi dell’epoca, capace di varare nel 1869 ben 59 velieri. Ma la Liguria non è stata soltanto la regione della siderurgia e della cantieristica navale. Da sempre, la regione al centro dei traffici mediterranei ha avuto un ruolo centrale anche nel commercio delle derrate alimentari, sia per il consumo interno sia per l’esportazione.
Sempre per guardare prima al presente e poi al passato, ciò che oggi resta dell’industria saccarifera a Genova non è facilmente individuabile. Nel quartiere di Carignano, in corso Podestà c’è un grande palazzo che ora ospita la sede della Facoltà di Scienze della Comunicazione che fino a qualche anno fa, invece, era la sede dell’Eridania, il colosso del settore. Non lontano dalla Fiumara, si trovano gli edifici della prima grande moderna raffineria di zucchero costruita in Italia, un tempo della Ligure Lombarda, e adesso sede di diverse attività commerciali.
Il racconto prosegue e ci si immerge nella storia degli acquedotti genovesi, con quel nastro lungo che se si guarda la città dall’alto, si snoda dal centro cittadino verso le alture e risale per circa 28 chilometri lungo la valle del Bisagno fino alla spartiacque che rappresenta la via dell’acquedotto storico.
Ultime due tappe di questo lungo viaggio. In Val Bormida con l’industria chimica e di nuovo a Sestri Ponente con l’elettronica e l’high tech. Immagini, cartine, schede.
Il viaggio nel tempo finisce qui. Una trama fitta, una rete di connessione fra passato e soprattutto presente perché è questo alla fine il grande protagonista della ricerca. «Riflettere sul passato - scrivono gli autori nella loro prefazione - come osservava Nietzsche - può essere al tempo stesso utile o dannoso e il rischio che prevalga la seconda possibilità è alto in quelle situazioni in cui il passato, nella fattispecie il passato economico e industriale, è stato particolarmente ricco: in questo caso si rischia di essere soggiogati dalle realizzazioni e dal dinamismo imprenditoriale degli antenati e di non sentirsi all’altezza delle sfide del presente.

La riflessione che invece preferiamo non indugia in una stanca celebrazione delle grandezze del passato, come un’età dell’oro che non tornerà più, ma nell’esercitare un necessario spirito critico, traendo nuova linfa per un’azione responsabile, alla ricerca di nuovo possibili opportunità dischiuse dall’intelligenza umana».

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