Milano - La Reggina è stata solo la ventinovesima giornata, una in meno al quarto scudetto, distacco invariato sull'inseguitrice, miglior attacco del campionato, miglior difesa, maggior numero di vittorie, minor di sconfitte, Ibra capocannoniere con 19 reti, due in più della scorsa stagione a fine campionato. La Reggina è stata solo una pratica perché se arrivi a Milano con 46 punti di differenza e dopo dieci minuti sei è già sotto pesante, al massimo puoi uscire da San Siro fra gli applausi. Poi eventualmente ci sarebbe quella parata di Julio Cesar a un minuto dalla fine del primo tempo su Barillà. Intervento che lo stesso Mourinho non ha esitato a definire strategico e fondamentale perché ha consentito all'Inter di andare al riposo sul 2-0: «Mentre il 2-1 non ci avrebbe lasciato addosso tutta quella tranquillità e avremmo visto tutta un'altra partita». Lo ha detto anche perché di questo 3-0 ha ammesso di aver apprezzato soprattutto la tranquillità della sua squadra. Julio Cesar non ha parato solo su Barillà, è stato ancora una volta fondamentale ma davanti aveva la nona versione stagionale della coppia di centrali difensivi e questo aggiunge onore alla sua prestazione. Ma José voleva andare a parare da un'altra parte, ha ammesso che scendere negli spogliatoi per l'intervallo sul 2-0 è stata una bella spinta ma aspettava la domanda di riserva che puntuale è arrivata: scusi, non è preoccupato del fatto che Ibrahimovic faccia gol solo in Italia e in Europa no?
José ha lasciato partire un sogghigno e ha risposto con una domanda: «Sapete qual è la differenza fra Ibrahimovic italiano e Ibrahimovic europeo? Dieci centimetri. Se la traversa dell'Old Trafford fosse stata dieci centimetri più alta la palla sarebbe andata in porta, saremmo andati all'intervallo sull'1-1, sarebbe stata tutta un'altra partita e non mi avreste chiesto se ero preoccupato di Ibrahimovic che non segna in Europa».
Una risposta che ha sfinito anche noi, ma erano le 18,30, la partita era finita da un'ora e mezza e José era ancora lì, nell'esercizio che più detesta: parlare ai microfoni. Però Ibra ieri era più di un argomento in una giornata senza storia. Era una preoccupazione improvvisa scoppiata dopo la sua risposta: «Il mio futuro all'Inter? Vediamo. Adesso vorrei vincere questo campionato. Poi vedremo cosa succede».
Qui c'è lo zampino di Mino Raiola, hanno pensato in molti, il procuratore dello svedese che ogni anno arriva regolare dalle parti di Massimo Moratti con il suo santino in mano a chiedere un ritocco. Il presidente nel commentare i mal di pancia di Ibra dopo la sconfitta di Manchester ha detto di essersi abituato di più a quelli di Raiola che gli fa visita ogni primavera. Era una battuta. José l'argomento l'ha preso un attimo più serio: «Se io sentissi dire a Ibrahimovic che è contento di restare qui e intanto è giù di morale per l'eliminazione in Champions e in campo non rende, sarei preoccupato. Invece è esattamente il contrario, quindi non capisco perché dovrei essere preoccupato». Con quell'ingaggio Ibra e José da qui non levano i tacchi, si mettano il cuore in pace i loro detrattori. Paradossalmente questa è la garanzia che si procura il presidente quando firma quegli assegni atomici che valgono molto di più di una clausola rescissoria. Ma Ibra? Ibra ieri a un certo punto aveva fatto venire in mente che in fondo era anche un sopravvalutato. Giocava sulle punte, girava intorno al fuoco. Poi all'improvviso si è fatto il campo per il largo al limite dell'area di rigore della Reggina e ha messo dentro morbido come le damigelle quando staccano un fiore per gettarlo in acqua. La palla è entrata e ha fatto dei cerchi sulla rete.
Poi però Ibra è piaciuto meno quando al giornalista Sky Massimiliano Nebuloni ha risposto che a lui viene il mal di pancia solo quando lo vede. Sorpreso, il giornalista ha chiesto spiegazioni: «A domanda stupida, risposta stupida», gli ha detto e non era la seconda parte di Forrest Gump. Continua.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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