nostro inviato a Boston
«Quando non c'è chiarezza mi sento a disagio. Non mi piace».
Un Josè meno teatrale ma molto più sul pezzo, tonico e concreto, cinico e innamorato della sua squadra. In questa intervista al Ritz-Carlton, al numero 10 di Avery Street di Boston, ecco il Josè svelato, un silenzio che durava dal 10 luglio, giorno del raduno della squadra ad Appiano Gentile.
Josè, qual era il problema?
«Il problema era Ibra. Non si può preparare una squadra senza sapere se lui rimane o va via. Con Ibra è un'Inter, senza Ibra c'è un’altra Inter. Io potevo fare un lavoro individuale sui giocatori, organizzare il resto era molto più difficile, abbiamo perso otto giorni. Il vero dramma non è stato perdere Ibra ma non sapere se restava. Una sensazione particolare che non avvertivo solo io ma l'intero gruppo. Adesso che sappiamo tutto è molto più facile, anche la squadra mi sembra più libera e tranquilla mentalmente».
Lei ha speso parole importanti, era certo che restasse…
«Ho sempre pensato che lui rimanesse con noi. Poi quando ho visto che il Real aveva preso Kakà e Cristiano Ronaldo ho creduto veramente che non ci fossero più problemi. Il Real era l'unica squadra che poteva fare una follia del genere. Poi invece è arrivato il Barcellona».
Che botta!
«Da cento milioni, questo è stato un business da cento milioni. Fate i conti, hanno pagato Ibra più di Kakà e Ronaldo, solo il Barcellona può spiegarci questa operazione. Io sapevo che Eto'o aveva dei problemi con Guardiola e con il resto dello spogliatoio, ma questa operazione per me resta inspiegabile».
Con Ibra come è andata?
«Gli ho detto: se il Barcellona vincerà la Champions non sarà merito tuo».
E lui?
«Lui mi ha risposto: voglio andare».
Non ne poteva più di restare all'Inter?
«Sono stato a Barcellona quattro anni, so che gli faranno una presentazione in grande stile al Nou Camp, ma io gli ho detto: vincere la Champions qui all'Inter sarà tutta un'altra cosa».
Niente da fare?
«Niente da fare. A me dispiace tanto aver perso uno come Ibra, la società poteva dire di no, ma con Eto'o ha fatto un affare magnifico».
Era un suo desiderio?
«Eto'o sa che avevo fatto di tutto per portarlo al Chelsea. Lo sapeva anche Drogba, e tutti sapevano anche che avrebbero giocato assieme, ma il Barcellona a quei tempi lo giudicava incedibile».
Ibrahimovic era in trattativa col Barcellona da un anno, l'ha ammesso Mino Raiola…
«La società lo sapeva? Non credo, a me non ha mai detto niente».
L'ha contrariata il mancato arrivo di Carvalho e Deco?
«Chiarisco: per me non è un dramma e la società non è colpevole. Ho seguito tutta la trattativa, c'era un certo progetto, loro potevano arrivare a costo zero o quasi perché il Chelsea li lasciava liberi. Poi all'improvviso Deco costava cinque milioni e Carvalho quindici. Le cose erano cambiate notevolmente, non posso che essere d'accordo con la decisione del presidente».
Sono arrivati Lucio e Hleb…
«Lucio è stato una grandissima sorpresa, mai avrei immaginato che il Bayern lo lasciasse andar via. Ho chiesto a Branca di provarci, un giorno lui mi chiama e fa: Josè, la porta con il Bayern si può aprire. E Hleb può fare il trequartista, non è esattamente il suo ruolo ma allo Stoccarda l'ha fatto».
È un'Inter più forte?
«È un'Inter diversa».
Come la farà giocare?
«La creatività di Ibra condizionava tutto, la squadra gli girava attorno. Adesso ci sono Eto'o e Milito, una storia completamente diversa. Con Lucio giocheremo più alti, con Thiago Motta cambia la filosofia in mezzo al campo. Saremo più forti sulle palle alte e nel possesso, ci sarà più profondità e più organizzazione di gioco. Vedremo se è meglio questa Inter o quella delle passate stagioni».
Che sfida è?
«Difficile e stimolante, anche se andremo a Pechino con Eto'o e Hleb che qualcuno non conosce neanche di nome. Noi abbiamo affrontato il Chelsea qui a Pasadena e quella era la squadra del 2005, sempre loro tranne Branislav Ivanovic. Quando giochi contro un gruppo che si conosce da tempo te ne accorgi. Tutti si aspettano chissà cosa dal Real Madrid ma io credo che non sarà facile mettere subito le cose a posto. Noi siamo come il Real Madrid, abbiamo bisogno di tempo per crescere in uno sport dove il tempo non c'è mai».
Josè, Cassano?
«Prima devono andarsene quelli di troppo.
E lei Josè, quanto si sente interista?
«Io sono interista al cento per cento».
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