Polo e jeans, il signore brizzolato è arrivato all’Apple store di Carugate (Milano) prima dell’apertura: «Lo devo avere - confida al ragazzo brufoloso che gli sta a fianco -, l’ho deciso appena l’ho visto sul giornale. Sono un appassionato di grafica, così posso scattare foto e guardarle in formato grande con un unico apparecchio». Eh no, caro signore, lei si sbaglia: perché una delle più bizzarre limitazioni dell’iPad è proprio la fotocamera che non c’è. Ma non si preoccupi: non è l’unico, tra i tanti in fila ieri per «l’iPad day» italiano, a non avere un’idea chiara dell’oggetto comprato.
Ma poco importa. Perché, come dicevano nel negozio romano, «l’iPad è fichissimo». Si candida a essere l’equivalente delle moto giapponesi negli anni ’70, del telefonino negli anni ’80, del lettore di cd portatile nei ’90: o ce l’hai o non sei. Un concetto chiarissimo nella testa del signore con la polo che pure non aveva capito come funziona il computer-tavoletta della Apple. E tanti come lui: tra il popolo dell’iPad in coda i tecnomaniaci con l’aria da fumetto «manga» e le occhiaie da overdose di videogame erano una minoranza schiacciata dalla maggioranza «trendy». All’Apple Store milanese c’era chi contava un apparecchio venduto. A Roma non ci sono state nemmeno code ma in poche ore se ne sono venduti centinaia. E così pure a Napoli. L’importante era esserci. Per sorridere alle telecamere, portare a casa uno scatto da condividere con gli amici di Facebook, trasformare la fila in un’happy hour della tecnologia, come al negozio di viale Piave a Milano, dove si socializzava alla grande. «All’apertura delle porte - racconta la commessa Silvia - ci hanno consegnato una lista in cui avevano scritto in ordine che cosa avrebbero comprato». E via di corsa alla cassa.
Questo naturalmente vale per il popolo. Ma l’iPad non è ’a livella. Chi non può fa la coda, chi può ha qualcuno che glielo procura. Come il difensore della Juventus e della nazionale Giorgio Chiellini: «L’iPad? Ce l’ho già. Me lo porta questa sera in ritiro un amico, da Torino».
E, come sempre, è l’atteggiamento dei Vip il vero metro della «ficaggine». In 24 ore di regno del computer a tavoletta si sono già delineate due tendenze.
I modaioli. Come Chiellini. O Matteo Maffucci, uno dei due componenti della band Zero Assoluto: «Oggi è il mio compleanno e oggi esce l’iPad: per me è l’Avvento - diceva ieri -, l’ho già comprato, è come far parte di una loggia massonica: bisogna acquistarlo a prescindere». In questa categoria del resto compaiono anche alcuni esponenti della Casta, addirittura di quella europea. Il segretario generale del Parlamento di Strasburgo Klaus Welle ha proposto di dotare tutti i 736 deputati della magica macchinetta, nonostante abbiano appena ricevuto dei computer portatili nuovi fiammanti. Che però non sono «fichi». Del resto la medaglia ufficiale di status symbol per l’iPad è arrivata ieri quando è spuntata l’immancabile esperta che bolla una tecnologia di moda come «nuova dipendenza». A vincere la competizione è stata la psicologa Paola Vinciguerra, che ha diffuso all’Italia tutta la sua diagnosi ancor prima dell’orario di chiusura dei negozi.
E poi ci sono gli snob. Il partito morettiano del «mi si nota di più se non ce l’ho». Qui primeggia la tuttologa televisiva Camila Raznovich: «Non mi serve e poi siamo in austerity», ha annunciato dura e pura, precisando poi che «ho il mio Mac portatile e due iPod». Seguaci di questa tendenza anche il comico Giorgio Panariello: «Fatico a stare dietro a queste cose».
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