I eri mattina sembrava di aver le traveggole. Vista la nazionale con tanto di sbadigli, preso atto di un giocare mediocre come i suoi interpreti, nessun gol per risvegliare dal torpore, apri i giornali immaginando chissà quali critiche e scopri che un buon punticino serve, che cè stata sostanza e niente affanni e via cantando. Se non erano lodi, poco ci mancava. Qualcuno ha abbozzato: serve qualcosa di più. Ma timidamente. Non sia che Lippi se ne risentisse. Sapete, da quando ha vinto il mondiale è peggio di un ayatollah: ha sempre ragione.
Daccordo, davanti alla tv può capitare di vederci male, di non avere buona visione globale. Ma poi ascolti commenti di esperti e del pubblico delle email che non va mai sottovalutato, si tratti di strenui tifosi, semplici appassionati o signornò. Bene, la gran parte convergeva sul pollice verso: per le ragioni di cui sopra. Sarà stato un caso di traveggole di massa.
Insomma, è più deludente vedere una nazionale che non la smette di affidarsi al dodicesimo uomo (leggere alla voce stellone) e non trova undici uomini degni delletichetta che si portano dietro: campioni del mondo. Oppure è peggio leggere una sostanziale accettazione della situazione, e scusanti annesse, dimenticando, per esempio, che con Donadoni quasi nessuno è stato così morbido?
In Italia, a differenza di quanto pensa Mourinho, abbiamo rispetto per i vincenti, ma ci mettiamo niente a buttarli giù dalla torre. È un vizio e forse un pregio. Lippi è lunico che riesce a sfuggire a questa legge. Ci racconta di unItalia con personalità, bella a metà, e tutto passa. Basta una spolverata di gioventù per perdonare il bluff. Gran rullare di tamburi per le sperimentazioni, eppoi scopri che il migliore (Giuseppe Rossi) è rimasto in panchina per gran parte della partita. Basterebbe per un 5 in pagella.
Invece sarebbe bello che Lippi e tutti noi ce la raccontassimo giusta: la nazionale (e la under) sono figlie di un calcio modesto. Certe partite fanno pena. Speriamo nel futuro e nello stellone.
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