Lite per l’affido dei figli, strage in tribunale

Albanese spara durante l’udienza di separazione: ucciso da un agente dopo che ha freddato il cognato. Gravissima la moglie. In aula c’erano anche le figlie. Feriti due poliziotti e un avvocato

Lite per l’affido dei figli, strage in tribunale

Reggio Emilia - Litigavano per le figlie, e ora le figlie li piangono entrambi. Papà e mamma, Clirim Fejzo e Vjosa Demcolli, albanesi, erano in tribunale; stavano per presentarsi davanti al giudice in una delle innumerevoli cause di separazione. Anche le ragazze erano lì, sedute in silenzio accanto agli avvocati.
Improvvisamente, nel brusio dell’aula ma senza che lui dicesse una parola, papà ha sfoderato una pistola, si è lanciato contro la moglie, le ha svuotato il caricatore addosso riducendola in fin di vita, ha ferito un avvocato, ha sparato a morte contro il cognato che l'aveva placcato per disarmarlo, ha fatto fuoco anche contro due poliziotti accorsi, ne ha ferito uno spappolandogli il ginocchio sinistro prima di essere ucciso dall’altro agente.
Una carneficina al primo piano del palazzo di giustizia di Reggio Emilia, città all’apparenza tranquilla dove si può entrare in tribunale armati e senza controlli. E soltanto per un caso le cose non sono andate peggio: i poliziotti, Stefano Marcaccioli e Fabio Stella, in forza al commissariato San Lazzaro, non erano in servizio in tribunale, ma si trovavano nell’aula 8 per scortare alcuni imputati in un processo per direttissima. Appena hanno sentito i primi colpi si sono precipitati nella stanza numero 6, l’«aula delle separazioni», dei litigi insanabili, l’aula dove muoiono le famiglie e le speranze, e ieri anche gli stessi coniugi.
«Avevamo appuntamento verso le dieci e un quarto al bar del tribunale, lui era sereno, l’ho trovato meglio del solito. Aveva con sé la figlia maggiore. Doveva essere un’udienza interlocutoria», racconta l’avvocato Galileo Conti, legale di Fejzo. Ma il manovale albanese aveva già deciso tutto. In tasca aveva una pistola calibro 7,65 semiautomatica (acquistata senza permesso) con due caricatori di scorta, in tutto 21 colpi. Aveva già deciso, voleva farla finita davanti alle figlie (16 e 12 anni), di cui marito e moglie si disputavano l’affidamento.
«Era la terza udienza», aggiunge Sabrina Ori, assistente dell'avvocato Conti, testimone della sparatoria. Dovevano presentarsi alle 10.30 ma dopo le 11 erano ancora tutti a sbuffare nell’aula 6, stanzone che ospita processi ma all’occorrenza funge anche da anticamera per i coniugi avviati alla separazione che attendono di essere ascoltati dal presidente del tribunale, Roberto Piscopo. Nell’aula una trentina di persone, coppie, legali, funzionari del «palazzaccio». I presenti raccontano di aver visto Fejzo lanciarsi contro la moglie con la pistola in pugno, e poi il finimondo, spari, urla di terrore, fuggi fuggi nel corridoio principale e in quello di servizio che collega le aule più piccole, quelle delle camere di consiglio.
A terra Vjosa, colpita al collo e al petto (i medici dell’ospedale Santa Maria Nuova l’hanno strappata dal coma, ma le sue condizioni sono sempre gravissime) e il suo legale, Giovanna Fava, ferita di striscio a una spalla. Svuotato il primo caricatore di sette colpi, il quarantenne albanese stava ricaricando l’arma per finire la moglie quando il cognato Arjam Demcolli, 32 anni, gli si è gettato alle gambe. I due sono rotolati a terra, ma Fejzo ha fatto fuoco ancora ammazzando il congiunto. In quel momento sono piombati i due poliziotti, urlando all’omicida di smetterla ma l’uomo ha premuto ancora il grilletto.

Marcaccioli si è accasciato con la tibia sinistra in pezzi, Stella da un’altra posizione ha sparato e ucciso l'albanese.
«Azione necessaria - ha spiegato il procuratore della Repubblica di Reggio, Italo Materia - per fermare una strage. Quei poliziotti hanno onorato la loro professione in una situazione molto difficile».

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