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Litiga alla gara di cavalli: per lui niente più ippodromo per mesi

Litiga alla gara di cavalli: per lui niente più ippodromo per mesi

MilanoLa «febbre da cavallo» - per citare il regista Steno - gli è costata parecchio. Niente ippodromo per un bel pò, e nemmeno si potrà avvicinare «alle zone perimetrali tre ore prima dell’inizio, durante, e tre ore dopo il termine delle manifestazioni ippiche». Che passionaccia, quella del signor Vincenzo. E che sofferenza, ora che dovrà rinunciare a sfogare il suo fanatismo equino a due passi dalla pista. Perché il signor Vincenzo ha fatto la fine di un ultras qualunque, di un picchiatore di curva, di un hooligan da stadio. E - caso più unico che raro - è stato colpito dal Daspo, il divieto di accedere alle manifestazioni sportive riservato di solito ai tifosi di calcio più scatenati. Al limite, ai violenti dei palazzetti del basket o dell’hockey. Ma lui è un patito dei purosangue. E i cavalli, adesso, gli toccherà guardarli col cannocchiale.
Così ha deciso il Tar della Lombardia, che ha respinto il ricorso di Vincenzo P. contro il provvedimento del questore del 16 luglio 2011 con cui veniva disposto il divieto di assistere alle gare che si tengono «all’ipodromo del trotto e del galoppo di Milano». Cos’ha fatto Vincenzo? Soltanto un «litigio di particolare lievità» con qualche altro appassionato, ha spiegato. Niente che giustifichi una misura tanto drastica come quella del Daspo. Ma nella sentenza depositata venerdì, i giudici spiegano che non si è trattato «di un semplice diverbio», ma di un «vero e proprio litigio connotato da violenza non solo verbale, ma anche fisica». Oltre a qualche insulto, infatti, è partita anche una testata, che ha rotto il naso allo sfortunato «interlocutore» del signor Vincenzo. Vabbè, ha insistito l’uomo, ma il motivo della lite non aveva nulla a che fare con la corsa dei cavalli. Insomma, l’adrenalina da scommessa e da corse non c’entrava nulla. Poco importa, ribatte il tribunale, dato che «è del tutto irrilevante che le ragioni del litigio non fossero legate all’andamento di una particolare manifestazione, perché la norma applicata non richiede tale connessione eziologica, essendo sufficiente un rapporto di merca occasionalità con una manifestazione sportiva». Come a dire, fosse stato anche un banale bisticcio per la fila al bar non sarebbe cambiato nulla. Perché tutto è successo all’interno dell’ippodromo, e tanto basta. Daspo era, e Daspo rimane. «Non vi è alcuna violazione del principio di proporzionalità - concludono i giudici - in quanto la misura disposta, avente funzione di prevenzione, riflette coerentemente sia la gravità del fatto commesso, sia l’esigenza di tutela antipata deggli interessi all’ordine e alla sicurezza pubblica in correlzione con manifestazioni sportive».
Così, respinto il ricorso, il signor Vincenzo P. è stato condannato anche a pagare 300 euro di spese processuali. Per dare sfogo alla sua «febbre», ora, gli toccherà andare nelle sale scommesse. Che poi, forse, non cambia così tanto.

Perché - diceva Gigi Proietti, Mandrake nel film - «chi gioca ai cavalli è uno che passa sopra a tutto e sotto a tutto, è uno che ’mpiccia, traffica, imbroglia, more, azzarda, spera, rimore e tutto per poter dire: Ho vinto!».

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