ll malessere del Milan tra infermeria e difesa Adesso spazio ai baby

«Passerà». Adriano Galliani che ha un’esperienza lunga 25 anni ricorre spesso alla filosofia e alla propria onoratissima carriera per consolarsi dalle sberle del destino. É la stessa frase che ha sussurrato al telefono col presidente Silvio Berlusconi domenica notte, da Napoli, prima di volare verso Malpensa. Passerà la bufera che ha investito il Milan negli ultimi giorni e che lo esporrà fino alla sosta di ottobre ad altre intemperie. Avere fuori mezza rosa, dieci esponenti, tra cui almeno 8 titolari, non è una semplice emergenza: è come essere investiti da uno tsunami senza alcuna possibilità di difesa. Saltano via tetti, porte d’ingresso, macchine e alberi e bisogna solo aspettare che la furia della natura si plachi. Nel caso di Allegri, bisogna aspettare la data fatidica di metà ottobre per rivedere abili e arruolati gente del calibro di Ibrahimovic, Robinho e Boateng, il trio titolare per larga parte della stagione tricolore conclusa qualche mese fa, soltanto, a fine maggio.
Passerà, allora, come passò la nottata attraversata per esempio da Carlo Ancelotti all’alba della stagione ’08-09 iniziata con un paio di sconfitte una più allarmante dell’altra, la prima col Genoa di Gasperini e Milito, la seconda col Bologna, in casa, trafitti al cuore da una volèe di Valiani. Allora Ancelotti totalizzò uno zero spaccato dopo due turni, adesso Allegri se l’è cavata col punticino risicato incassato al debutto contro la Lazio con una rimonta convincente e meritevole forse di ben altro epilogo.
Nonostante i giudizi lusinghieri raccolti dal giovane El Shaarawy nel finale di Napoli e i primi gol in allenamento firmati ieri da Pippo Inzaghi, il Milan è condannato a concludere la prossima striscia di partite (Udinese e Cesena in casa, i cechi del Pilsen in Champions sempre a San Siro e la Juve a Torino domenica 2 ottobre) senza ricevere rinforzi dalla lunga, malinconica lista dei grandi assenti, dieci, una squadra al completo quasi, mezza rosa. Perciò forse, a Milanello, ha preso a circolare ieri l’idea di puntare su qualche giovanotto dotato, tipo Valoti, centrocampista classe ’93, 18 anni appena festeggiati, solo una presenza in B con l’Albinoleffe, per dare il cambio a qualcuno dei grandi vecchi scoperti in evidente e spiegabilissima difficoltà. Ogni riferimento a Van Bommel e Seedorf, presi d’infilata da Inler e soci domenica notte è voluto e per niente polemico. Con Valoti, El Shaarawy potrà ritagliarsi qualche altro trancio di partita ma senza immaginare che sia l’ultimo arrivato a risolvere i problemi dell’attacco affidato a Pato e Cassano (per lui multa di 5 mila euro per gli insulti a un esponente della procura federale: ma perchè?).
Allegri ha già bene in testa il film delle prossime durissime settimane. Ha già vissuto a Milanello il panico dominando gli eventi e anche il rischio di un tracollo. Lui deve dedicarsi a risolvere due deficit segnalati nel secondo tempo di Napoli: la precaria condizione fisica e una migliore organizzazione difensiva. Sul secondo argomento, il più gettonato di tutti (i numeri hanno una grande influenza: 7 gol subiti in 3 partite sono un dato più che allarmante per i precedenti statistici), il portiere Abbiati è già intervenuto da par suo. «Sul secondo gol di Cavani ho responsabilità io, ero piazzato sul primo palo e non dovevo prendere gol su quel palo» la franca ammissione. Neanche con la Lazio il portiere diede prova di grande affidabilità. Anche Nesta non si è tirato indietro. «Non possiamo far finta di niente» la sua chiosa ai 3 squilli di tromba di Cavani e del Napoli. Ma il punto è che la difesa è la stessa, con qualche piccolo dettaglio in meno: la rinuncia a Zambrotta (non in forma contro il Barcellona), il malessere che ha colpito Thiago la notte prima dell’esame con Mazzarri.

Questo vuol dire che è davanti alla difesa che bisogna oleare i meccanismi, recuperando il miglior Van Bommel. La differenza simbolica è una sola: a Napoli si è scansato lasciando passare Gargano, in altre cento disfide non ha avuto paura di ricorrere al fallo tattico.

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