Lodo, Veltroni molla l’Idv: il referendum? Un autogol

Il segretario Pd: «Le nostre priorità sono altre» Ma Di Pietro sbuffa: «Così si perde sempre»

da Roma

Ma quale lodo Alfano. «Le nostre priorità - dice Walter Veltroni - sono altre: salari, stipendi, pensioni, crisi economica, inflazione. Su questo si concentra l’attenzione del Pd». Su questo raccoglieranno le firme perché questa, per il segretario democratico, è la ciccia del confronto politico, altro che il referendum proposto da Antonio Di Pietro per cancellare l’immunità per le alte cariche dello Stato. Per carità, fanno sapere dal Loft, c’è libertà di coscienza e, se si andrà a votare sull’argomento, ognuno si comporterà come meglio crede. Gli ulivisti Antonio Parisi e Franco Monaco, tanto per fare due esempi, sono pronti a firmare i quesiti.
Ma il partito no, stavolta non seguirà l’Idv sulla via dello scontro frontale con la maggioranza. Il Pd pare anzi intenzionato a sfruttare l’occasione per cercare di sfuggire una volta per tutte dal soffocante abbraccio giustizialista di Di Pietro e di rilanciare le sue ambizioni riformiste. Si tratta, forse, pure di una scelta obbligata: schierarsi apertamente per l’abrogazione del lodo potrebbe portare più danni che vantaggi. «Rimando alle saggissime parole di Oscar Luigi Scalfaro», spiega infatti Veltroni. E ieri sul Riformista l’ex presidente della Repubblica aveva consigliato il Pd a tenersi alla larga dal referendum, a «riflettere bene» prima di sottoscriverlo. «A ogni partito che lo promuove, a prescindere dagli esiti, porta sempre visibilità: ma se per caso il quesito dovesse fallire, anche per mancanza di quorum, tutta l’opposizione ne uscirebbe male». Si correrebbe, insomma, il doppio rischio di regalare un altro grande palco mediatico all’ex pm e di «far passare Berlusconi per uno invincibile». Secondo Scalfaro la consultazione elettorale per il centrosinistra è un boomerang e Veltroni condivide pienamente: l’antiberlusconismo finisce sempre per rafforzare il Cavaliere.
Ma Antonio Di Pietro gli dà subito del «Ponzio Pilato» e del pauroso. «Se c’è un modo per perdere sempre - sostiene il leader dell’Italia dei Valori - è proprio quello di non giocare mai la partita. Si stanno arrampicando sugli specchi, non ha senso affermare che, siccome il referendum potrebbe fallire, allora è meglio non promuoverlo affatto. È la stessa cosa che fece Pilato quando si lavò le mani lasciando che ciò che doveva accadere accadesse. Nel nostro piccolo è ciò che sta succedendo in Italia, dove il principio minimo di uno Stato di diritto, cioè che la legge deve essere uguale per tutti, è stato calpestato». Lui la partita la giocherà comunque: «Ci sono battaglie che si combattono non perché bisogna per forza vincerle, ma per mantenere la dignità e potersi guardare allo specchio la sera quando si torna a casa». Conclusione: «Il lodo Alfano a una parte del Pd va bene e non tutti i suoi parlamentari hanno fatto un’opposizione tutta d’un pezzo per bloccare il provvedimento».
E mentre per Marco Follini «Veltroni ha fatto la cosa giusta, seria, saggia e pure coraggiosa, perché certe decisioni hanno un costo», Franco Monaco si dice «poco convinto» della scelta. «Non ho capito - polemizza - se parla a titolo personale o di tutto il partito. In ogni caso la motivazione non sta in piedi.

Rinunciare a battersi per timore della sconfitta significa mettere a verbale la propria debolezza. Certe battaglie vanno combattute senza troppi calcoli, anche perché nel popolo del Pd si avverte un diffuso bisogno di rendere pubblico il proprio dissenso e la propria indignazione».

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