Lombardia, riammesso Formigoni Riparte la campagna elettorale

MilanoFine della storia (forse). E senza «aiutino». Il Tar della Lombardia accoglie il ricorso del governatore Roberto Formigoni contro la sua esclusione dalle prossime regionali decisa la scorsa settimana dalla Corte d’appello. Un provvedimento, precisano i giudici del tribunale amministrativo, che non tiene conto del decreto legge fimato venerdì da Napolitano. E così, la via giudiziaria alle urne arriva al capolinea. Sempre che nella battaglia dei ricorsi incrociati non si apra un nuovo capitolo. Pd e Radicali, infatti, potrebbero impugnare la sentenza del Tar davanti al Consiglio di Stato, prolungando una campagna elettorale giocata finora a colpi di carte bollate più che sui contenuti.
I giudici della quarta sezione di via Corridoni, dunque, ribadiscono quanto già evidenziato nella sospensiva di sabato. E cioè che i delegati della lista Bonino-Pannella, da cui l’intera tarantella è iniziata, hanno sbagliato mira. Era al Tar, infatti, che avrebbero dovuto rivolgersi per denunciare eventuali irregolarità, e non alla Corte d’appello. La quale, a quel punto, non era più competente. In pratica, quanto sostenuto fin da subito dai legali del Pdl. «Gli unici ricorsi ammissibili contro le determinazioni dell’ufficio centrale - scrive il collegio presieduto da Adriano Leo - sono quelli esperibili dai delegati di liste o di candidati eliminati», i quali «una volta scaduti tutti i termini di legge non hanno più la possibilità di sollevare contestazioni o proporre ricorsi» al medesimo ufficio. Così, «l’ufficio centrale non ha più alcun autonomo potere di procedere a un riesame di profili già fatti oggetto di verifica e non censurati dai soli soggetti legittimati». Insomma, «deve ritenersi che l’ufficio centrale regionale (lo stesso accusato dal Pdl di «doppiopesismo», ndr) non possa più procedere, neppure di sua iniziativa, all’esclusione di una lista già ammessa», e nemmeno sulla base di «esposti di terzi non legittimati, procedere a nuovi controlli o a nuove verifiche». Inoltre, ricordano i giudici, le norme regolano in modo preciso i termini per gli eventuali ricorsi (ma sempre «contro le sole eliminazioni»), che devono essere presentati entro e non oltre le 24 ore dalla comunicazione della Corte d’appello. Il cosiddetto «termine decadenziale», invece, è stato sforato. Tanto è bastato. Perché «non esiste un potere di autotutela in capo all’ufficio centrale, posto che la particolarità della materia non consente incertezze e prevede termini precisi per l’adozione di provvedimenti di ammissione o di eliminazione delle liste». Ironia della sorte, chi nei giorni scorsi aveva chiesto il rispetto della forma, per il rispetto della forma esce sconfitto. Dura lex.
«Giustizia è fatta - commenta Massimo Corsaro, vicecoordinatore regionale e deputato del Pdl -. Hanno provato a tenerci fuori, ora seppelliamoli con una messe di schede per Formigoni». La soddisfazione del governatore, invece, viaggia sul web. «Il Tar - scrive sul suo sito - ci ha dato straragione». Centrosinistra e Radicali, ora, decideranno se impugnare la sentenza davanti al secondo grado della giustizia amministrativa.

«La sentenza non affronta il problema della regolarità delle firme», replica Marilisa D’Amico, docente di Diritto costituzionale e legale della «Lista Penati». A meno di venti giorni alle elezioni, la politica è a un bivio. Da un lato, il Consiglio di Stato. Dall’altro, una campagna elettorale fatta fuori dai tribunali.

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