«La luce del noir illumina i vicoli ciechi della vita»

«P robabilmente è il miglior noirista americano vivente», così in maniera lapidaria Stephen King ha recensito l’edizione americana de Il sognatore (Piemme), romanzo che conferma ancora una volta il talento di uno scrittore come George P. Pelecanos che nel tempo oltre a siglare crime stories intense (Vendetta, Il giardiniere notturno, Angeli neri, Strade di sangue) che parlano dei ghetti di Washington e dei conflitti razziali e generazionali che li attraversano quotidianamente è stato anche distributore di film di John Woo oltre che produttore e sceneggiatore di serial televisivi di successo come The Wire, Treme e The Pacific. «Quando ho scritto il mio primo romanzo non sapevo che sarebbe stato un noir - ci spiega lo stesso George P. Pelecanos - avevo una storia da raccontare e man mano che la stendevo ho capito che per poter avere quell’ottica di strada sui problemi sociali che volevo toccare il noir era lo stile più consono da usare. Amo i libri con un alto livello di conflitto che è essenziale per costruire il nucleo centrale del dramma che voglio raccontare».
La TV e il cinema quanto l'hanno aiutata ad affinare il suo stile?
«Quando David Simon mi ha coinvolto nel progetto The Wire avevo già alle spalle dieci romanzi e lavorare per la Tv mi ha reso più forte come scrittore perché generalmente mi trovavo a condividere la mia giornata in una stanza con tanta gente competente e capace di trattare con sensibilità argomenti come quelli dell’emarginazione, della guerra fra spacciatori di droga, dell’educazione dei ragazzi sbandati. Ho imparato ad articolare meglio quegli elementi della scrittura che prima pensavo fossero solo istintivi»
Che immagine crede di dare dell’America nei suoi romanzi?
«Scrivo di quelle vite marginali di cui di solito non si occupa mai il governo. I miei personaggi vanno a lavorare ogni giorno e vedono poche ricompense eccezione fatta quella che deriva da fatto di avere almeno un lavoro… Racconto la Washington che lavora tutti i giorni. Descrivo quella gente che ogni giorno non ha niente a che fare con il governo federale e se possibile non vuole nemmeno essere nel suo mirino».
Ma è vero che lei il noirista più amato da Barack Obama? «Questa è la voce. So che è arrivato a leggere i miei romanzi dopo avere assistito ad alcuni episodi di The Wire che è quello che è successo anche a molti altri miei lettori».
Cosa non deve mai mancare in una sua storia per risultare convincente per i lettori?
«La verità».
Qual è la cosa che in assoluto la spaventa di più nella vita?
«Non essere più in grado di lavorare. Vorrei non andare in pensione mai».
È vero che la trama de Il sognatore è ispirata alla realtà?
«Il libro è basato su un incidente reale che è accaduto appena a poche miglia da casa mia quando ero un adolescente.

Il titolo originale Turnaround si riferisce al vicolo cieco in cui i miei protagonisti si vanno ad avventurare determinando la tragedia che sconvolgerà per sempre la loro esistenza… I miei anni di teenager sono stati molti simili a quelli dei giovani lavoratori descritti nel romanzo, all’epoca ho assistito a molti episodi di intolleranza razziale e in particolare tutte le scene ambientate nel locale della famiglia Pappas riflettono le mie esperienze quando lavoravo con mio padre. Mio padre ha avuto un infarto quando avevo 18 e sono stato così costretto ad abbandonare la scuola e ad occuparmi dell’attività di famiglia. La mia vita avrebbe potuto essere quella di Alex, il mio protagonista».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica