Lusso sulle ali, cambia il viaggio in prima classe

Elena Jemmallo

Caviale e champagne sulla Parigi-New York sono già storia. Il lusso in volo oggi è tutt'altro. È ad esempio prendere un aereo discoteca, con tanto di luci stroboscopiche, deejay che ti saluta all'entrata al posto dell'assistente di volo. Dentro, tolti i sedili e i corridoi strettissimi, una pista da ballo, poltroncine e bar. E naturalmente, amplificatori in ogni angolo. Così i nottambuli cominciano a ballare in un locale a Sydney e finiscono a Melbourne. L'idea è del Ministry of Sound, celebre locale e omonima etichetta discografica inglese, che qualche anno fa era anche passato dai progetti sulla carta all'azione, facendo un'offerta per l'acquisto di quattro jet dalla compagnia aerea Ansett. Non è andata benissimo: la Ansett, un tempo la seconda compagnia aerea per importanza e traffico in Australia, finì in amministrazione controllata.
Lasciando da parte le avventure del popolo delle discoteche itineranti, la first class degli aerei moderni (e di quelli dell'immediato futuro) sono qualcosa di molto diverso dai Grand hotel a cinque stelle che volavano sui cieli europei e americani negli anni Cinquanta e Sessanta. A raccontare il cambiamento è una ricerca, condotta da Eurisko e Lavazza, che dopo essere salita sugli aerei delle principali compagnie occidentali e orientali, racconta i diversi standard di lusso e come sono cambiati in mezzo secolo di storia. Cinquant'anni fa, il periodo d'oro della first, il viaggiatore era fisicamente isolato dai passeggeri della categoria economy. Ad esempio sui modelli Caravelle erano divisi da una porta, mentre sul Boeing 747 la first era addirittura al secondo piano, accessibile solo attraverso una scala a chiocciola. Si regalavano gadget costosi e firmati e gli aerei erano dotati dei più diversi accessori. Basti pensare che Alitalia per la prima classe imbarcava 142 piatti di porcellana, una dozzina di piatti colorati per bambini, 435 posate, 146 coperte, 150 babbucce e altri 10mila oggetti tra tazzine di sakè, saliere, medicine, biberons, carte da gioco. Per il cibo, il menu era à la carte e i piatti venivano cucinati dai migliori chef della città. La Pan American, ad esempio, per accontentare i clienti di prima classe si serviva al Chez Maxim’s di Parigi. E ogni viaggio era un evento: per l’inaugurazione del mitico 747 Frank Sinatra, ospite d’onore del volo, dedicò un’esibizione live al pianoforte di Come fly with me.
Oggi tutto questo suonerebbe un po’ eccessivo. Un po’ perché volare non è più una prerogativa di pochi, ma un mezzo di trasporto accessibile a molti. Per cui il businessman con biglietto in prima si trova a viaggiare solo qualche metro più avanti del turista in infradito. E poi anche perché le esigenze di chi viaggia sono ora molto diverse. Più che un intrattenimento il passeggero vuole guadagnare il tempo del volo, rendendolo produttivo: riposare come se fosse nel proprio letto, avere uno spazio per prendere il caffè, uno per cene e incontri di lavoro, un altro ancora per poter scegliere e godersi un libro o un dvd. La sfida del futuro? Attrezzare gli aerei per essere, oltre a dei veri e propri uffici, anche delle beauty-farm.

Naufragata l’idea della discoteca itinerante, l’ultima frontiera sarà il massaggio in volo.

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