Macché giorno del silenzio: si parla solo di Berlusconi

Il Cavaliere rinuncia al trionfo rossonero in piazza Duomo. Ma non manca alla festa allo stadio

Macché giorno del silenzio: si parla solo di Berlusconi

Milano Va? Non va? Sale sul pullman trionfale con i giocatori? Parla? Tace? Anche nel giorno del silenzio pre-elettorale, tutto ruota attorno a Silvio Berlusconi. È un bel salto per il Cavaliere, dai vicoli di Napoli lastricati di monnezza alle strade di Milano pavesate di rossonero, striscioni, magliette, bandiere. È la festa scudetto del Milan, il tripudio per la squadra del premier, il quale però si fa vedere soltanto di sera, allo stadio per la partita contro il Cagliari. Il bagno di folla è al Meazza, niente passerella sul pullman scoperto che ha portato i campioni d’Italia dalla sede sociale di via Turati a piazza Duomo e poi a San Siro, niente bagno di folla sotto le guglie della Madunina.
Il tam tam sulle mosse del presidente del Consiglio si rincorreva dal mattino. La scelta, almeno fino a fine partita, è stata di evitare occasioni di altre polemiche. Qualche parlamentare del Pd tifoso del Milan aveva messo le mani avanti: presidente, non trasformi i festeggiamenti in uno spot che divide la tifoseria e infrange la giornata di silenzio. Nella quale anche la Curia di Milano ha voluto farsi sentire, accodandosi al coro di attacchi contro il premier. Roberto Natale, leader del sindacato dei giornalisti, ha fatto il processo alle intenzioni invitando «i colleghi alla sobrietà» perché «da parte di Berlusconi non ci sarà sobrietà» ma il tentativo «dell’ennesima violazione di questa campagna elettorale».
Tacere dev’essere stato un sacrificio più per il Berlusconi tifoso che per il Berlusconi premier. Fosse stato per lui, si sarebbe tuffato tra la gente di Milano. Allo stadio, dove è stato accolto da un gigantesco striscione con la scritta «campioni senza intercettazioni», è arrivato facendosi precedere da poche parole scritte. Un apprezzamento, istituzionale ma non distaccato, a Giorgio Napolitano, eletto capo dello stato il 14 maggio 2006. «Signor presidente - esordisce il telegramma di Palazzo Chigi - in occasione del quinto anniversario della sua elezione voglia gradire, anche a nome del governo, l’augurio sentito di buon lavoro e di proseguimento della positiva opera svolta al servizio delle istituzioni repubblicane e dell’intero Paese».
Berlusconi fa parlare anche quando tace. Giornata di silenzio, in mattinata il rientro da Roma ad Arcore con la decisione di mostrarsi soltanto allo stadio (un po’ su consiglio dei collaboratori, un po’ per ragioni di sicurezza), il pomeriggio passato in attesa delle ovazioni serali del popolo rossonero, tra numerose telefonate e la consultazione degli ultimi «report» dei sondaggisti di fiducia. Dai tabulati su Milano il Cavaliere sarebbe stato rinfrancato. Letizia Moratti avrebbe recuperato la piccola emorragia di consensi registrata al termine del confronto televisivo con Pisapia: la scivolata del sindaco ha comunque portato alla luce il controverso passato del suo avversario, un passato contiguo al terrorismo rosso durante e dopo gli Anni di piombo. Anni formidabili che l’avvocato della sinistra non ha smentito ma rivendicato. E che hanno nuovamente spostato verso la Moratti la bilancia del consenso elettorale.
Quello di oggi e domani è un test nazionale, ha ripetuto Berlusconi durante tutta la campagna elettorale. Milano, Torino, Napoli, Bologna. Quattro tra le più importanti città d’Italia, rappresentative di Nord, Centro e Sud. Tre di esse sono oggi guidate da amministrazioni di centrosinistra, e soltanto un miracolo potrebbe consentire alla troika Pd-Idv-Sel di confermare domani questa situazione.

Un test nazionale che misurerà anche le ambizioni del cosiddetto terzo polo, cioè l’accoppiata Fini-Casini che ha presentato candidati sindaci per sfruttare un’eventuale rendita dalla posizione di ago della bilancia. E anche senza il bagno di folla, nei pensieri di Berlusconi la vittoria del Milan nel giorno dello scudetto è un preludio del successo elettorale.

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