«Il Made in Italy dovrà essere a chilometro zero»

Gli oggetti non servono più, nemmeno se sono belli e utili. Sono troppi. Parola di designer. L'attenzione a non sprecare non basta, per crescere è indispensabile far diventare risorsa il rifiuto. Il brand? È il peccato di presunzione del design che non può fare di se stesso un marchio. Abbiamo chiacchierato con Giulio Ceppi, 48 anni, professore al Politecnico di Milano e direttore del master in Business design alla Domus Academy, che vanta due segnalazioni al Compasso d'Oro e un elenco fiume di lavori con aziende leader. Abbiamo varcato la soglia del suo studio, Total Tool, con sedi a Milano, Tokyo e Buenos Aires e un nome evocativo: «Società di visioning e design strategy».
Lei è un futurologo?
Ride. «La creatività dovrebbe far realizzare le cose che nessuno ha mai pensato di fare. Non è più il progettare in modo diverso quello che si sa già fare».
Al posto degli oggetti, i rifiuti?
«Per la blue economy è errato il concetto di rifiuto, le foglie secche non andrebbero buttate ma usate come terreno di coltura, dai fondi di caffè possono spuntare i funghi».
Un esempio fra i suoi progetti?
«La Km0 Road, esempio di infrastruttura stradale sostenibile grazie all'apporto di 10 aziende (presentata in Triennale nel 2010, ha meritato il premio innovazione ma non è ancora stata realizzata) stravolge l'idea di strada “aggressiva”. È semmai una sorgente che, per produrre energia pulita e rinnovabile, sfrutta sia il sole e il vento che il passaggio dei mezzi. Nell'asfalto ci sono moduli elettroriscaldanti antigelo, e poi barriere acustiche e verdi»
Cos'è il made in Italy?
«Oggi è meglio parlare di “made by italians”, esportare la nostra cultura e le nostre conoscenze per aiutare e collaborare. Esempi? Se ci sono palazzi storici non si possono radere al suolo, se esporto in India una cucina funzionalissima e bianchissima non posso dimenticarmi che lì si usano spezie colorate e allora il piano di lavoro non potrà essere bianco. O ancora: l'effetto ossigenante di un giardino si può raddoppiare usando resine fotocatalitiche che, grazie alla luce solare, abbattono l'anidride carbonica. Gli esempi sono tantissimi»
Come vede Expo 2015?
«Come un punto di partenza, non di arrivo. Vorrei che fosse un gran motore. Ma non dovremmo dimenticare che non è una cosa nostra, avrei fatto sedere al tavolo tutti i partecipanti per un lavoro in comune. Questo per me è il vero “made by italians”. Mi auguro che non ci restino i capannoni, che non si generino elementi fisici ma intelligenza e forza creatrice».
Due parole su Milano.


«È eccitante lo spirito imprenditoriale ma tremendo il nepotismo, è magica sotto la neve o con la nebbia ma solo se poi non devi uscire di casa (anche con l'Area C), adrenaliniche le sfilate o la settimana del design ma poi il resto dell'anno Milano è una provincia stanca dei Brics».

Commenti