Cultura e Spettacoli

Mafalda in conclave con il cardinale Biffi

Nell’autobiografia dell’arcivescovo di Bologna molti episodi curiosi E non mancano le critiche a Giovanni XXIII e Wojtyla

E il cardinale in conclave citò il fumetto di Mafalda. Esce in questi giorni in libreria l’autobiografia del cardinale Giacomo Biffi, arcivescovo emerito di Bologna, intitolata Memorie e divagazioni di un italiano cardinale (Cantagalli, pagg. 636, euro 23,90), un volume che si legge tutto d’un fiato e rappresenta un eccezionale spaccato della vita della società italiana e della Chiesa degli ultimi settant’anni. Tanti gli aneddoti e i retroscena raccontati da questo «italiano cardinale» che non ha mai nascosto il suo pensiero dietro fumosi giri di parole o stile «ecclesialese» e ha sempre detto pane al pane e vino al vino senza temere di apparire controcorrente o politicamente scorretto.
Uno degli episodi più curiosi del libro riguarda l’ultimo conclave, dell’aprile 2005, dal quale è uscito Papa (par di capire anche grazie al contributo di Biffi) il cardinale Ratzinger. In uno degli incontri che quotidianamente i porporati tenevano prima di rinchiudersi a votare, il 15 aprile, Biffi intervenne dicendo: «Vorrei esprimere al futuro Papa (che mi sta ascoltando) tutta la mia solidarietà, la mia simpatia, la mia comprensione, e anche un po’ della mia fraterna compassione. Ma vorrei suggerirgli anche di non preoccuparsi troppo di quello che qui ha sentito e non si spaventi troppo. Il Signore Gesù non gli chiederà di risolvere tutti i problemi del mondo. Gli chiederà di volergli bene con un amore straordinario... In una “striscia” e “fumetto” che ci veniva dall’Argentina, quella di Mafalda - continua Biffi - ho trovato diversi anni fa una frase che in questi giorni mi è venuta spesso alla mente: “Ho capito - diceva quella terribile e acuta ragazzina - il mondo è pieno di problemologi, ma scarseggiano i soluzionologi”».
Dirette e per nulla paludate sono anche le critiche che il cardinale rivolge al Concilio Vaticano II e a Giovanni XXIII. Al primo, Biffi rimprovera il silenzio sul comunismo. «Comunismo: il Concilio non ne parla. Se si percorre con attenzione l’accurato indice sistematico, fa impressione imbattersi in questo categorico asserto. Il comunismo è stato senza dubbio il fenomeno storico più imponente, più duraturo, più straripante del secolo ventesimo; e il Concilio, che pure aveva proposto una Costituzione sulla Chiesa e il mondo contemporaneo, non ne parla. Il comunismo - continua il cardinale - a partire dal suo trionfo in Russia nel 1917, in mezzo secolo era già riuscito a provocare molte decine di milioni di morti, vittime del terrore di massa e della repressione più disumana; e il Concilio non ne parla. Il comunismo (ed era la prima volta nella storia delle insipienze umane) aveva praticamente imposto alle popolazioni assoggettate l’atesimo, come una specie di filosofia ufficiale e di paradossale “religione di stato”; e il Concilio, che pur si diffondeva sul caso degli atei, non ne parla. Negli stessi anni in cui si svolgeva l’assise ecumenica, le prigioni comuniste erano ancora luoghi di indicibili sofferenze e di umiliazioni inflitte a numerosi “testimoni della fede” (vescovi, presbiteri, laici convinti credenti in Cristo); e il Concilio non ne parla». «Altro che i supposti silenzi nei confronti delle criminose aberrazioni del nazismo - conclude - che persino alcuni cattolici (anche tra quelli attivi al Concilio) hanno poi rimproverato a Pio XII!».
Di Papa Giovanni, invece, Biffi critica alcune espressioni divenute poi il Leitmotiv del pontificato. Quella contro i «profeti di sventura». E in proposito il cardinale ricorda che in realtà a proclamare «l’imminenza di ore tranquille e rasserenate, nella Bibbia sono piuttosto i falsi profeti». Quanto alla necessità di guardare più a ciò che unisce invece che a ciò che divide, Biffi lo definisce un principio assennato per quanto concerne i problemi della quotidianità «ma guai se ce ne lasciamo ispirare nella testimonianza evangelica di fronte al mondo» perché «in virtù di questo principio, Cristo potrebbe diventare la prima e più illustre vittima del dialogo con le religioni non cristiane».
Non manca pure un accenno al dissenso che il cardinale ebbe con Giovanni Paolo II in merito al «mea culpa» per gli errori del passato promosso in occasione del Giubileo: «A mio avviso avrebbe scandalizzato i “piccoli”». «Il Papa - continua Biffi - testualmente allora disse: “Sì, questo è vero. Bisognerà pensarci su”. Purtroppo non ci ha pensato abbastanza».


Colpiscono infine nel libro anche le cose non dette: l’autore dedica pochissime righe al cardinale Carlo Maria Martini, del quale fu ausiliare per più anni, limitandosi a dire che con la fine dell’episcopato del suo predecessore, il cardinale Colombo, era finita «un’epoca tra le più luminose e feconde della nostra vicenda ecclesiale (milanese, ndr) per il calore e la certezza della fede».

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