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«Una magia e internet non c’è più»

RomaMentre la tivù muore, insieme al cinema, e Internet mostra le corde nell’appiattimento dei contenuti, la gente vorrebbe divertirsi in ogni caso. E, magari, scollare le terga dal divano, uscire, finalmente. Così non stupisce che uno come Raul Cremona, il comico milanese lanciato da Zelig, guadagni pubblico e visibilità a colpi di magia, giochi di carte, gag apparentemente semplici, rispolverando, in buona sostanza, quel gusto vintage per le cose fatte in casa, con leggerezza ma senza sciatteria. «Non ci credo: oggi al bar m’hanno offerto la colazione. Poi, in gelateria, non m’hanno fatto pagare il cono!», dice il cabarettista del ’56, guidando la macchina verso Ascoli Piceno. Sta di fatto che Omen, come si chiamava il maschilista in tuta da operaio, invitato da Bisio a ravvivare il palco di Zelig, porta in giro uno spettacolo scritto da sé. S’intitola Hocus molto Pocus e da Milano, dove al Ciak ha registrato il tutto esaurito, arriverà al sancta sanctorum romano di Maurizio Costanzo, cioè al Teatro Parioli (da martedì). Come tutti i comici, Cremona è depresso e l’improvvisa superattività, da una parte lo galvanizza, dall’altra lo ammoscia. C’è pure «caos calvo» in agguato: da stasera il Jerry Lewis dei Navigli è la spalla comica fissa di Maurizio Crozza nello show satirico di prima serata Crozza Alive (su La7, fino al 6 giugno). Piccoli comici crescono? Macché: la mezza età non perdona e Raul, che ha pure pubblicato libri per Mondadori e Rizzoli, «ne ha ben donde di siffatte ciuffole».
È vero che Internet è morto e che il teatro vive?
«Se sono passato dalla Sagra del maiale al Parioli, ci sarà un perché. Con Hocus molto Pocus metto il dito su una piaga: c’è troppo poca magia, in giro. Per questo evoco formule magiche: hocus pocus, sim salabim, abracadabra. Ballerò e canterò, evocando gli entertainer degli anni Cinquanta. Una riflessione simpatica e malinconica sul fatto che oggi i ragazzi si divertono con la playstation. E trascurano il magico che è intorno».
Lei come ha cominciato?
«Sono un ragazzo milanese di Porta Romana. Da piccolo, giocavo nel cortile d’una casa popolare. Ricordo una Milano deserta, bellissima e incontaminata. Andavo all’oratorio, dove il prete prima ci faceva catechismo, poi giocava a pallone con noi. Tutto è cominciato nel Natale del ’62, quando i miei mi fecero trovare sotto l’albero una scatola di giochi di prestidigitazione».
Viene da lì il suo amore per le carte? Anche nella fiction tv Anna e i Cinque, insieme alla Ferilli, faceva il giocatore di poker...
«Il gioco di carte mi affascina. Le carte hanno qualcosa di esoterico, con i loro segni e rimandi segreti. Ma non tutti lo capiscono. I miei figli non ne vogliono sapere. Silvio, diciott’anni, fa il disc-jockey e non mi si fila proprio. Leonardo, quindici anni, pensa solo al basket. Insieme mi criticano, perché non mi do troppo da fare. “Papà, devi fare più serate!”, pungola il piccolo.
Oggi in molti s’improvvisano comici e non fanno ridere molto. Che ne pensa?
«Ce ne sono troppi, che parlano da soli. Io ho una certa gavetta: ho fatto cabaret per vent’anni, anche con ballerine smandrappate, al Derby e alla Ca’ Bianca di Milano. Sempre credendo nel potere del clown, che libera energie e magnetismo. Non sarò mai un trombone: i miei personaggi, da Ortis al Mago Silvan, sono molto leggeri».
A quale comico del passato si ispira, per preparare i suoi numeri?
«Guardo a Jerry Lewis, capace finto tonto; a Henry Salvador, prezioso nel suo fantasismo. A Eduardo De Filippo. Quello che dice il comico è sempre “alto”: preparo tre «ganci» e una chiusa e dentro succede di tutto. Quando il giullare agita lo scettro, tutti capiscono che il re è nudo».
Sarà spalla fissa di Crozza: un duo comico inedito. Quale ruolo ha?
«Faremo sketch di venti minuti: all’inizio dovevano essere otto.

Mi esibirò nella parodia grottesca di Steve Jobs, in jeans sdruciti e maglioncino attillato. Il mio Mago Alchemico di Internet sarà un po’ cialtrone e parecchio svagato. E comunque porterò nello show gli sfottò del cabaret».

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