Una mail e scatta la cyber-truffa nigeriana più costosa della storia

Raggiro via internet da record: un'infermiera americana dilapida tutti i suoi risparmi. Convinta di ricevere lettere dal presidente nigeriano, invia ai truffatori 400mila dollari

Una mail e scatta la cyber-truffa nigeriana più costosa della storia

"Se lei non darà il Suo aiuto, i terroristi potrebbero entrare in possesso del denaro". Firmato: George W. Bush, presidente degli Stati uniti. Ora, se il postino dovesse mai consegnarvi una lettera del genere, i casi sono due: o siete un capo di Stato, o qualcuno vi sta prendendo in giro. Eppure, neanche di fronte a una balla talmente spudorata Janella Spears, infermiera di Sweet Home, ridente cittadina dell’Oregon, ha mangiato la foglia. Ancora oggi, a più di due anni dal giorno in cui lesse e prese per buona la firma in calce dell’uomo più potente del mondo, Janella non si considera un’ingenua. Non è possibile sapere cosa pensi al riguardo il marito, al quale la mancanza d’acume della moglie è costata circa 400mila dollari. La Spears – nessun contatto con la celebre popstar, se non le bordate di ironia che la stampa mondiale dedica a entrambe – è stata vittima di una truffa. Un raggiro telematico, partito con una semplice mail spuntata un giorno a metà del 2005 nella sua casella di posta elettronica. Una truffa che in poco più di due anni le ha azzerato il conto in banca, l’ha costretta a ipotecare la casa e a rubare la pensione del coniuge. Il raggiro in cui è cascata la Spears è noto negli States come "Nigerian scam"; qui da noi sarebbe "la truffa nigeriana".

Il meccanismo è semplice, e notissimo. La prima mail è quasi sempre uguale (i cyber-truffatori ne inviano migliaia al giorno). Di solito reca la firma di un lontano parente mai sentito, o di un disperato diplomatico/ministeriale/burocrate di un qualche turbolento Paese africano nel mezzo di un periodo critico, crisi economica o guerra vera e propria (purtroppo i truffatori hanno sempre un’ampia scelta). Nella lettera viene richiesto aiuto per far uscire dal Paese una gran somma di denaro – di solito 10 o 20 milioni di dollari – e si promette in cambio una cospicua fetta della torta se si acconsentirà a dare una mano a trasferire il denaro. Che genere di aiuto? Ovviamente dell’altro denaro. Due i parametri fissi di ogni richiesta iniziale: esiguità della cifra (di solito qualche centinaio di dollari o euro) e l’utilizzo di mezzi di spedizione non rintracciabili. Nel 99,99% dei casi l’e-mail viene cestinata. Il caso di Janella fa parte di quell’altro 0,01%. La mail ricevuta dall’infermiera era firmata da un non meglio identificato dipendente del governo nigeriano, che chiedeva l’invio di 100 dollari per coprire le spese "necessarie e urgenti" per fa arrivare all’infermiera l’eredità di suo nonno paterno, tale J.B. Spears, con il quale Janella non aveva più rapporti da decenni. "Il fatto che sapessero chi era mia nonno mi ha convinto" spiega. "E poi ho pensato: mi chiedono 100 dollari per mandarmene poi 26milioni e mezzo. Ne vale la pena".

Così la Spears inviò il denaro. Dopo la prima ne richiesta ne arrivò un'altra, più grossa: 8.300 dollari. La sventurata rispose. Di nuovo. Poi arrivò una terza lettera. Poi un’altra ancora. Ogni nuova missiva, oltre a richiedere somme sempre più grandi, terminava con l’assicurazione che quello sarebbe stato l’ultimo invio. E proprio quando Janella cominciava a sospettare la truffa, iniziarono ad arrivare altre lettere. Lettere con tanto di timbri, serigrafie e filigrane visibili in controluce. Con l’aumentare del tono di "ufficialità" delle comunicazioni all’oscuro dipendente statale si sostituirono nell’ordine: il presidente della Banca nazionale nigeriana; il presidente della Nigeria; il direttore dell’Fbi e infine il pezzo grosso per eccellenza, il presidente degli Stati Uniti. Tutti determinati a chiedere a Janella di non interrompere il flusso di denaro. Neppure grossolani errori grammaticali (il banchiere nigeriano scriveva “noting” invece di "nothing") misero sul chi vive l’infermiera. Neanche il fatto che lo stesso direttore dell’Fbi si sbagliasse nel firmare ("Muller" invece che "Mueller") riuscì a far tornare coi piedi per terra la donna, che ormai era del tutto incapace di intendere: man mano che i debiti contratti aumentavano, l’infermiera sprofondava in delirio di avidità e smarrimento, in cui la brama di tutti quei milioni e l’angoscia per recuperare i soldi già inviati concorrevano a spingerla a cedere, e inviare altri soldi ancora. Alla fine l’anno scorso Janella, senza più un dollaro, strozzata dai debiti, cede.

Denuncia la truffa. Il caso passa dallo sceriffo di Sweet Home – oggi ancor più ridente cittadina – all’Fbi (quello vero), che ha definito la storia come "il più grave caso di truffa nigeriana mai registrato negli Stati Uniti". 

 

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