La maledizione delle Olimpiadi: anche le cavallette contro Pechino

Il governo cinese invia 33mila uomini nel Nord del Paese per fermare l’esercito di insetti pronti a calare sulla capitale

E adesso sono arrivate anche le cavallette a rovinare la preparazione delle Olimpiadi cinesi. Le sfide che la Cina deve affrontare negli ultimi giorni prima dell'inizio dei Giochi assumono sempre più le proporzioni delle piaghe bibliche. Il governo di Pechino ha mandato 33mila uomini a contrastare l'esercito di cavallette concentrate nel nord del Paese e che minaccia di invadere la capitale nei giorni in cui si terranno le Olimpiadi. Le autorità temono che l'arrivo delle cavallette possa avere un effetto «disastroso» sullo svolgimento regolare dei Giochi.
L'eventualità che qualcosa possa andare storto è in cima alle preoccupazioni dei dirigenti di Pechino che ieri hanno anche messo a punto un piano per permettere ai lavoratori di recarsi in ufficio in orari scaglionati durante i giorni dei Giochi, in modo da non intasare il traffico della capitale. Ma quella delle cavallette è solo l'ultima di una serie di catastrofi che si sono abbattute sulla Cina dall'inizio del 2008. Da giorni, ormai, diecimila persone a bordo di mille imbarcazioni sono impegnate a rimuovere le alghe blu-verdi che si sono formate sulle coste della città di Qingdao, nel sud-est della Cina, dove si terranno le gare di vela delle prossime Olimpiadi. Affiorate in superficie a fine giugno, le alghe si sono moltiplicate fino a coprire una superficie di circa tredicimila chilometri quadrati, proprio nella zona in cui gli atleti si stavano allenando. Ma non è solo un problema estetico: le alghe sono tossiche e pericolose per la salute umana. Il Comitato Olimpico di Qingdao ha fatto sapere che occorreranno almeno due settimane per ripulire la costa. Ben più gravi, invece, le conseguenze delle alluvioni del mese scorso che hanno provocato finora 252 morti e 64 dispersi; oltre settantamila sono invece i morti causati dal terremoto che ha colpito il Sichuan, il 12 maggio scorso.
Per consolarsi a Pechino pensano alla fiaccola che, nel suo tragitto tibetano, il 21 giugno scorso, ha sfilato senza problemi in una Lhasa blindata ai cui abitanti, secondo i resoconti dei pochi giornalisti ammessi alla cerimonia, era stato proibito di uscire da casa. Dopo gli incidenti che si erano verificati nei mesi scorsi, al passaggio della torcia nelle grandi città occidentali, Pechino non poteva permettere che in Tibet si ripetessero gli stessi incidenti di Atene, Parigi, Londra e San Francisco, dove i contestatori hanno tentato di fermare i tedofori più volte per spegnere la fiaccola simbolo dei Giochi.
Tra i superstiziosi cinesi c'è chi tenta di dare una spiegazione a questa ondata di sfortuna: responsabili dei disastri sarebbero le cinque mascotte olimpiche, ognuna delle quali rappresenta una sciagura avvenuta nel 2008: Jingjing, il panda, è riconducibile al Sichuan; Huanhuan rappresenta la fiaccola olimpica; Yingying, un'antilope tibetana, ricorda le contestazioni di Lhasa del marzo scorso, represse nel sangue dalla Polizia; Nini, un aquilone, è collegabile con un grosso incidente ferroviario nello Shandong; Beibei, uno storione, potrebbe ricondurre a «problemi di salute di qualche personalità importante».
L'ultimo sgarro alle Olimpiadi, tra l’altro, potrebbe farlo il clima: tra fine luglio e inizio agosto si concentra gran parte delle precipitazioni dell'anno.

I meteorologi si sono detti fiduciosi sul bel tempo; gli organizzatori hanno preferito, però, andare sul sicuro: in caso di brutto tempo sono già pronti rimedi chimici per evitare che le nubi si addensino sul cielo di Pechino.

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