Manie I malati della coda: arrivano primi, ma non vincono niente

Ci sono code e code. Per esempio quelle autostradali, figlie screanzate delle partenze più o meno intelligenti. Oppure all’ufficio postale, diventato ormai un bazar dove c’è di tutto tranne la raccomandata. O presso gli sportelli dell’anagrafe comunale dove il tempo di attesa viene occupato con la lettura di tutti i manifesti, bandi, ordinanze, volantini affissi; oppure in panificio, all’ora della sfornata e, ancora, alla cassa dei supermercati, a qualunque ora.
Roba ordinaria, secondo usi e costumi del vivere quotidiano, da sempre. Poi vengono le code pazze, le fissazioni, i cult, i must, la fila per essere i primi in assoluto, da fotografia, all’apertura dei cancelli di ingresso del concerto rock-pop-folk, per occupare i posti migliori, in piedi, davanti al palco, dove l’artista ti può guardare e sembra canti soltanto per te che tieni l’accendino votivo tra le mani; ai banchi del grande magazzino per l’uscita sul mercato dell’ultimo modello di telefono portatile, o, a piacere, dell’Ipod, del televisore più piatto di un foglio da disegno, del tostapane a prezzi da sballo, il tutto per evitare di presentarsi a merce esaurita. Poi ci sono quelli che partono di notte, aspettano l’alba, piantano le tende, dormono sotto la canadese, nel senso buono di tenda, accendono i falò, smozzicano il panino e fanno il conto alla rovescia, come a Cape Canaveral. Non sono clandestini o lavoratori che vogliono regolarizzare la propria posizione. Nemmeno i terremotati che attendono la distribuzione di case o generi di prima necessità. Nemmeno i disoccupati davanti all’ufficio di collocamento, come si concludeva il grandissimo I Soliti Ignoti, con Er Pantera e Capannelle (Gassman e Pisacane) costretti a mettersi in fila.
No, qui trattasi dei nuovi pellegrini, i questuanti ricchi al cinematografo e in libreria, sono i fissati di Harry Potter e di Avatar, un popolo di sconsiderati che gode di massima considerazione perché sono anima e corpo per i venditori, produttori, editori.
Eccoli, dunque, pronti ad alzare la mano tremante con il biglietto di ingresso in sala o a sventolare gli euro giusti per l’acquisto del tomo, eccoli pronti, il giorno dopo, a rivelare agli astanti, gonfiando il petto, forse anche il cervello, di essere stati lì, primi, sul luogo prediletto, sul marciapiede sognato dal resto del mondo, davanti allo scaffale più desiderato da giovani e anziani.
Hanno visto, hanno letto. Hanno sfidato la pioggia, il freddo, la neve, il ghiaccio, hanno sopportato l’afa, la canicola, la sete, anche i morsi della fame, chissenefrega di Haiti dove in coda ci sono i morti, dove la fila è dei disperati. Volete mettere una notte tridimensionale per Avatar? Volete mettere un pomeriggio da saga per Harry Potter? Adesso ne possono parlare, illustrando, a chi ancora ignora l’accaduto, tutti i particolari, le sfumature, i colpi di scena, come se li avessero potuti cogliere in esclusiva, irripetibili, unici.
Eppure, pensandoci una notte o un pomeriggio (basterebbe, in verità, anche un minuto), perché non aspettare un paio di giorni, una settimana e presentarsi al cinema o in libreria, all’ora giusta, dopo aver parcheggiato l’automobile o scesi dal tram o metrò, evitando i falò, la tenda canadese, il thermos con il caffè caldo, il ventilatore a pile, il ventaglio, il fiato pesante? Da gente normale, insomma.

Così facendo potremmo accomodarci tranquillamente in sala, sfogliare serenamente le prime pagine del settimo libro di HP, guardarci intorno, scoprire il resto del mondo, infine comprendendo che, come dicevano i latini, «nella coda il veleno».
Ma quella era un’altra storia e come gli stessi romani, antichi e moderni, insegnano, se deve essere coda, coda sia, ma alla vaccinara.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica