Manovra, avanti con la fiducia Tremonti: austerità necessaria

RomaDunque, la manovra va in aula al Senato blindata dalla fiducia chiesta dal governo. Si inizia alle 9,30 con la chiamata individuale, si conta di chiudere il primo round verso mezzogiorno. Poi il testo, un maxiemendamento che riassorbe tutte le variazioni di queste settimane, passerà alla Camera. Casini lo considera «un provvedimento necessario ma costruito male», il Pd parla di «esproprio» dei poteri del Parlamento, anche se tutti i governi, Prodi incluso, hanno sempre dovuto chiudere a doppia mandata con la fiducia le varie manovre economiche. Il relatore Antonio Azzolini sostiene che «la legge è stata discussa molto seriamente ed esce migliorata». Di sicuro se è parlato molto. Qualche numero: 90 ore di dibattuto, trenta sedute in commissione Bilancio, 3500 telefonate, 1350 risme di fogli A4, 195 chilometri di carta.
E poi, come spiega Giulio Tremonti all’assemblea delle Confcooperative, «siamo su un tornante della storia: non so se sia un’ideologia, ma l’austerità è una necessità che significa responsabilità e solidarietà». Via libera quindi alla manovrona da 25 miliardi, non ci sono alternative per l’oggi. Per domani, dice il ministro dell’Economia, si spera nel federalismo «che può raddrizzare l’albero storto della nostra finanza allineando un po’ la cosa amministrata e la cosa tassata». Di fronte alla crisi «il Paese ha tenuto e terrà», però il sistema deve cambiare». Sì, ammette, «c’è stato qualche sciopero, ma il clima di coesione sociale non è compromesso».
Tagli e sacrifici, non c’è altra strada nemmeno secondo Giorgio Napolitano. Come Tremonti, anche il capo dello Stato da Udine parla molto di responsabilità. «Nessuna parte politica può sottrarsi alla responsabilità collettiva di alleggerire in modo decisivo e di consolidare il bilancio pubblico, riducendo il debito che noi abbiamo accumulato e che è un pesante fardello sulle spalle del nostro Paese». Sul come farlo, «la discussione è libera». Sulla necessità di farlo invece non ci può essere discussione.
Sul chi deve farlo, il presidente non ha dubbi: tutti, «a qualunque livello», destra e sinistra, nord e sud, centro e periferia, Regioni comprese. «Abbiamo problemi seri, dovuti a una difficoltà dell’economia internazionale e si devono adottare provvedimenti straordinari. Noi tutti e in tutte le parti d’Italia dobbiamo fare la nostra parte. È un dovere di ognuno risanare i conti». Siamo sulla stessa barca e, in questo momento, «è più che mai necessario saper scegliere le priorità alle quali destinare le risorse a disposizione». E fa l’esempio della ricerca, della cultura e della formazione.
Napolitano riesce a prendere applausi pure nel nordest, in quelle zone che aspettano il varo del federalismo fiscale. Lo fa ricordando «la lungimiranza» della Costituzione del ’47, «dove sono saldate nello stesso articolo la inscindibilità della nazione italiana e la promozione delle autonomie». Oggi «un Paese senza coesione si perderebbe nel fiume tumultuoso della globalizzazione» e però «l’unità si rafforza sviluppando le autonomie».

Ma qualche riforma è urgente: «Si riveda ciò che è necessario, si garantisca il massimo di semplificazione nell’articolazione dello Stato, salvando l’autonomia regionale e riconoscendo l’importanza decisiva dei Comuni, che sono le istituzioni più vicine ai bisogni dei cittadini». E le Province? «Non fermiamoci alle sigle, bisogna vedere le cose da vicino..».

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