Marchionni vara l’aumento e lascia FonSai tra i contrasti

L’amministratore delegato Fausto Marchionni abdica del vertice di Fondiaria-Sai, a meno di sorprese le dimissioni questa mattina saranno sul tavolo del cda, rivendicando i meriti della sua pluriennale gestione davanti all’assemblea dei soci. Le redini passeranno all’attuale direttore generale Emanuele Erbetta.
«Dal 2003 al 2011 gli azionisti non solo non hanno perso denaro ma hanno guadagnato» ha esordito ieri il top manager di casa Ligresti all’assemblea di FonSai chiamata ad approvare il previsto aumento di capitale da 460 milioni. La società ha assicurato un rendimento annuo composto «del 2,75%» tra dividendi e quotazioni. Non quindi l’«investimento del secolo», ma abbastanza per «recuperare l’inflazione», malgrado una delle peggiori crisi dell’economia internazionale. Marchionni ha poi snocciolato i dati aggregati del periodo 2003-2009, quando la «sua» FonSai ha registrato profitti per 2 miliardi e distribuito dividendi per 1,2 miliardi, a fronte di una crescita del gruppo pari al 35% in termini di perimetro. I piccoli azionisti accorsi in assemblea a Torino gli hanno tributato un applauso e Marchionni ha ringraziato sia Salvatore sia Jonella Ligresti, di cui il manager è stato l’uomo di assoluta fiducia. L’Ingegnere di Paternò ha ricambiato l’affetto sottolineando che il lungo sodalizio con Marchionni non avrebbe potuto essere migliore, ma i giudizi di alcuni analisti sulla catena Premafin-FonSai sono sferzanti. Sia perché il rendimento dichiarato da FonSai è inferiore anche a quello ottenibile nello stesso periodo con un titolo di Stato decennale italiano (4,17% lordo), sia per la logica di alcune partite infragruppo. Cui si aggiunge il crollo del titolo FonSai in Piazza Affari: dal 2003 il gruppo ha quasi dimezzato il valore di Borsa (-39,3%), contro il -11,8% di Generali, il -9,5% di Cattolica o il -5,9% dello stoxx del settore assicurativo europeo. Le sale operative sollevano molti dubbi anche rispetto ad alcune scelte industriali degli ultimi anni. Al punto da considerare oggi degli asset in pancia a FonSai alla stregua di «rami secchi», come la compagnia diretta «Dialogo» mai realmente decollata o la serba Ddor, che avrebbe dovuto aprire lo sviluppo internazionale del gruppo poi mai realizzato. Così come restano in attesa di un rilancio Banca Sai e le altre attività di servizi finanziari (Sai Asset Management e Sai Mercati Mobiliari). Per non parlare della costosa avventura legata all’acquisto di Liguria Assicurazioni o delle modalità con cui era avvenuta l’Opa su Immobiliare Lombarda.

Fino alla logica di altri passaggi interni a «casa Ligresti», come la decisione di trasferire a FonSai la società di gestione alberghiera AtaHotels (27 milioni il rosso 2009) o il tentativo, bloccato dall’Isvap, di scaricare la tenuta agricola Cesarina dalla cassaforte Sinergia.

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