Mario Venuti in concerto tra echi pucciniani e dialetto

«Sono orgoglioso di quello che ho fatto e non mi vergogno di una singola nota». Parola di Mario Venuti, che lunedì sarà in concerto all’Ambra Jovinelli. Il cantautore siciliano proporrà dal vivo il meglio del suo repertorio, raccolto nell’album antologico L’officina del fantastico. Un disco in cui Venuti mette insieme il meglio di 14 anni di carriera solista, aggiungendo il brano sanremese A ferro e fuoco e altri due inediti. Sul palco sarà accompagnato dalla band Arancia Sonora.
Guardando indietro, come giudica questi 14 anni?
«Credo di aver fatto un lavoro di qualità. Lo dico perché riascoltando una canzone come Fortuna, uscita nel ’94, mi accorgo che suona ancora fresca. Anche le altre sono attuali, a quanto pare il tempo non le usura. E in concerto mi gioco i pezzi migliori, proponendo il meglio di questo canzoniere e ripescando anche un brano dei Denovo (che si sono riuniti a febbraio a Sanremo, a vent’anni esatti di distanza dall'ultima apparizione festivaliera, ndr)».
Ha scelto la dimensione teatrale per dare risalto alla raffinatezza e all’eleganza dei suoi brani?
«Indubbiamente il teatro rende giustizia alla complessità del nostro lavoro. Non parlo solo di musica, ma anche della gestualità, dei piccoli dettagli. In teatro, allo spettatore non sfugge niente, si riesce a dare valenza a ogni gesto».
Quali sono i progetti futuri?
«Ho già sette canzoni pronte, quindi si avvicina il momento di pubblicare un nuovo disco di inediti. Vedrà sicuramente la luce nel corso del 2009, tra primavera e autunno».
Nel frattempo sta preparando un tour negli Stati Uniti, vero?.
«Sì, farò dei concerti con la band e uno da solo, alla Columbia University. Canterò rigorosamente in italiano, dando spazio alle canzoni che ho scritto in dialetto siciliano. Metterò in scaletta anche Echi d’infinito, che ricorda un’aria pucciniana. L’esperienza in Argentina e Uruguay mi ha insegnato che all’estero, paradossalmente, ci si riavvicina alle tradizioni. Quindi portare i suoni e la lingua della tua terra è un imperativo. Me lo ha confermato anche Carmen Consoli, reduce dalla sua tournée in America».
Lei scrive spesso per interpreti femminili. Proprio «Echi d’infinito», canzone con cui Antonella Ruggiero ha vinto il festival di Sanremo, ne è un esempio lampante.


«Sono tra quei cantautori che non hanno paura di mostrare debolezze e fragilità. L’ho sempre fatto senza remore, nella mia musica non c’è mai stato spazio per il machismo. Per questo la Consoli, Patrizia Laquidara, Syria, la Ruggiero e Nicky Nicolai hanno cantato volentieri i miei versi».

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