Maroni frena gli Usa su Gheddafi «Calmatevi, ci penserà l’Europa»

Roma«Gli americani farebbero bene a darsi una calmata, vorremmo evitare che la Libia diventi un nuovo Afghanistan». Il linguaggio scelto da Roberto Maroni non è certo un capolavoro di diplomazia, però rende bene l’idea dei primi segnali di scollamento tra la linea di Washington, più interventista, e quella più prudente di Roma. E stavolta, a quanto pare, l’Europa è con noi. Da Bruxelles parte infatti una «missione tecnica», guidata da Agostino Miozzo, che indagherà sulla situazione umanitaria e preparerà le ultime evacuazioni di cittadini dell’Unione. Catherine Ashton vuole «informazioni di prima mano» che poi venerdì riferirà al Consiglio europeo staordinario. Intanto l’Alto rappresentante della politica estera ringrazia pubblicamente «Franco Frattini e il governo italiano per l’aiuto logistico a questo importante viaggio».
Dunque, nel quadro della crisi libica, stiamo tornando «centrali». Un ruolo naturale, secondo Maroni: «L’Europa è qui, l’Italia è qui, quindi è meglio che ce me occupiamo noi. La situazione è esplosiva». Due, secondo il ministro dell’Interno, i pericoli da scansare. «Oltre l’immigrazione e della fuga in massa verso l’Europa, dobbiamo evitare che il crollo di questi Paesi possa portare alla nascita di regimi sostenuti dal fondamentalismo islamico, con infiltrazioni di Al Qaeda. E questo non è allarmismo, è una seria preoccupazione e chi dice il contrario lo fa per interesse o perché non capisce. Fino a qualche settimana fa in Europa dicevano che stavamo esagerando, ma adesso anche gli Stati Uniti sostengono le nostre stesse cose».
E da Washington il capo dello staff presidenziale William Daley fa sapere che gli Usa, per frenare il rincaro del petrolio che venerdì ha superato i 105 dollari al barile, sono pronti a ricorrere alla loro riserve strategiche: «Stiamo considerando le varie opzioni». Nelle parole di Daley c’è l’eco delle forti pressioni che arrivano dal Congresso su Barack Obama, legate al timore che il caro petrolio freni la ripresa dell’economia.
A Tripoli gli osservatori della Ue si installano nell’ambasciata italiana e iniziano i primi contatti. L’Unione europea non ha rappresentanti sul terreno: questa è la prima spedizione internazionale in Libia dall’inizio degli scontri. «Ho deciso di inviare una missione di alto livello - dice lady Ashton - per avere informazioni in tempo reale in modo da poter alimentare la discussione venerdì prossimo al Consiglio europeo, quando aggiornerà i capi di Stato e di governo». A guidare il team, formato da quattro diplomatici, è Agostino Miozzo, direttore del servizio di azione esterna. «La nostra missione - spiega - non ha un mandato politico ma tecnico, di valutazione della situazione. Intendiamo verificare quanti sono i cittadini ancora in Libia e se desiderano partire oppure restare qui. Com’è la situazione? Posso solo dire quello che ho visto. Dall’aeroporto al ministero degli Esteri è tutto assolutamente tranquillo». L’obbiettivo è quello di decidere «gli sforzi umanitari e di evacuazione e gli aiuti necessari». La delegazione vedrà i diplomatici occidentali e alcuni funzionari del regime e domani tornerà a riferire a Bruxelles. Non sono previsti invece colloqui con gli oppositori: del resto gli insorti hanno pure rifiutato di incontrare i diplomatici britannici arrivati a Bengasi: «Non è chiaro lo scopo della loro missione», fanno sapere gli insorti.
A Tunisi in serata invece sbarca Margherita Boniver, sottosegretario agli Esteri e inviato speciale della Farnesina per le emergenze umanitarie. Oggi la Boniver avrà una serie di colloqui nella capitale tunisima e domani andrà nella zona calda, a Ras Jedir, al confine con la Libia, dove il flusso di profughi sta diventando un vero dramma.

Il sottosegretario visiterà la struttura di accoglienza messa in piedi dalla protezione civile italiana e dall’esercito tunisino. La stessa dove era stata contestata e fischiata la commissaria europea per gli aiuti umanitari, la bulgara Kristalina Georgieva.

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