Marracash: "Sono contro, ma non faccio politica"

Dietro la facciata dell’aggressività molta confusione e goliardia

Marracash: "Sono contro, ma non faccio politica"

Se scrive come parla, allora le ri­me di King del rap sono nate in pochi minuti. Un razzo. Dopo averlo assa­porato solo un po’, Marracash è vici­no a fare il botto di successo, quello vero, visto che con questo terzo cd (per il quale ha praticamente convo­cato la Nazionale del rap, da Fabri Fi­bra a Jake La Furia) è "meno introver­so e criptico del precedente Fino a qui tutto bene , troppo intento a mo­strare il lato B della popolarità, quel­lo brutto".

Sottinteso: in queste nuo­ve quindici canzoni c’è invece molto del lato A, visto che, a fianco di una tessitura musicale superiore a quel­le precedenti, sgocciola un’over­dose di allusioni paraerotiche e apologie del lusso che sconfinano nella goliardia vecchio stile (e comunque disorientanti). Se i rappers sono i nuovi cantautori (pure De Gregori dixit), di certo bisogna raschiare molto prima di scoprire il nocciolo del pensiero dentro il guscio di ag­gressività e frecciate contro tutti, dai "buchi sulla faccia di Cassano" a Ma­donna che "a 50 anni è ancora alla pe­corina" fino a Berlusconi che "per me è simpa se solo non fosse il pre­mier" (tra poco quindi gli sarà «sim­pa »).

Questo è il rap, bellezza. "Di certo, rispetto ai cantautori, noi non siamo stati aiutati dalla stampa. For­se dipendeva dal fatto che i giornali­sti allora la pensavano come i cantan­ti e ancora oggi ci sono artisti alfieri della sinistra come Caparezza: diffi­cile che venga stroncato". C’è co­munque tra i rapper italiani l’incon­tenibile voglia (forse retaggio della nostra tradizione musicale post an­ni Settanta) di essere in qualche mo­d­o messaggeri di qualcosa senza pe­rò abbandonare il codice rap, che per natura è declinato in volgarità e attacchi frontali.

Insomma, la nuova fase del nostro rap è migliore di quel­la precedente, per intenderci, e an­che Marracash lo dimostra. Ma è an­cora confusa ed è difficile distingue­re, come nella parabola di Gesù, il grano dal loglio. Il contenuto dal caz­zeggio, per chiarire. Lo sterile "con­trotuttismo" dal luogo comune. "Conformista io? Macché. Troppo impegnato io? Non sono mica come Caparezza... Il rap è musica contro, c’è crisi di valori e ormai l’unico valo­re dei ragazzi è di non avere valori. In tutto. Dopo aver distrutto la religio­ne, questo cinismo attacca anche l’amore. Siamo una generazione di persone sole". Lui spiega giustamen­te che "ogni brano è sempre una foto­grafia di uno stato d’animo: in S.e.n.i.c.a.r. celebro l’adorazione per una bellissima ragazza. Ma in al­tre canzoni, le mie rime sono conati di vomito davanti a ciò che non mi piace".

Insomma, in attesa di partire in tour da domani (a Grugliasco, pro­vincia di Torino), Fabio Rizzo detto Marracash, 32 anni, cresciuto alla Barona di Milano, si porta sottobrac­cio anche i nuovi duetti del disco. Ad esempio Quando sarò morto con Jake La Furia dei Club Dogo ("provo­catori spesso non compresi") e Fa­bri Fibra ("gran lavoratore abilissi­mo nelle sue mosse"). O Prova a prendermi con Entics ("un sognato­re"). E Quando ero vivo con J.

Ax ("Una delle persone più sincere che conosca"). E alla fine cammina sem­pre su quel filo teso e sottilissimo che separa il contenuto creativo dal contenitore, in questo caso un’allu­vione di rime, spesso provocatorie a prescindere.

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