(...) appena annunciato - autentico colpo di teatro, qualcuno ha commentato subito: davanspettacolo - lingresso nella sua giunta di due pezzi da Novanta, probabilmente nel senso degli anni Novanta quando i due, lex sindacalista Andrea Ranieri e lex parlamentare Nando dalla Chiesa, hanno goduto dei fasti del proscenio politico e mediatico prima di ridiscendere fra i comuni mortali.
«Vi do una bella notizia!»: annuncia dunque Marta Vincenzi, spiegando che Dalla Chiesa prenderà il posto del suo braccio destro infortunato, Stefano Francesca, mentre Ranieri non si sa ancora chi andrà a surrogare. Dimissioni, come chiede lopposizione? Non se ne parla nemmeno: «Non ho compiuto personalmente nulla di cui rimproverarmi. Questo è il mio caso, questo è il mio caso!» ripete due volte scandendo le parole. E si guadagna la prima standing ovation del pubblico apparentemente non neutrale... Ammette: «Ho pensato, in un primo tempo, di rassegnare le dimissioni, se fosse stato sporcato quello che era lo spirito delle primarie, della nuova stagione». Invece, «non mi sento colpevole di nulla - ribadisce Marta mentre la voce si impreziosisce di singulti -. Aspetto che il fumo sparisca prima di trarre le conseguenze». I cittadini genovesi, insomma, possono stare tranquilli: non è successo niente, Mensopoli è solo roba di «quattro persone e un consulente, e in particolare di due assessori, uno dei quali era segretario della Margherita, un partito che non cè più, e laltro era un esponente della sinistra Ds, un partito che ora non cè più». Punto. E poi lei, il sindaco, è inossidabile: «Scelgo di andare avanti, sono convinta che è il meglio per la città. Se andassimo al voto anticipato, si parlerebbe di cose che non sono nellinteresse della città».
Il rimpasto annunciato? Non se ne parla, al momento: «Io non ne ho mai parlato». Al momento opportuno dopo aver elencato una serie di meriti personali che sono altrettante critiche feroci e velenose dellamministrazione guidata dal suo predecessore, Giuseppe Pericu. Del tipo: «Ho ereditato un bilancio disastroso, con un enorme debito pubblico. Mi avevano avvertito: non ce la farai mai. E invece ce lho fatta. In questo primo anno di governo ho aperto due asili nuovi, cerano migliaia di rom e ora ce ne sono solo poche centinaia (grande!, ndr)». Non basta: voce sempre rotta dallemozione, ma squillante e penetrante come un coltello affilato nel burro: «Cerano le liti sullo smaltimento dei rifiuti e linceneritore, ora non ce ne sono più». Vai a spiegare agli aficionados del pubblico (che si spellano le mani ad applaudirla a scena aperta) che non ci sono più liti solo perché linceneritore è finito in soffitta con tutti i problemi dello smaltimento. Quisquilie, di fronte a una Marta tornata Super nonostante le traversie e quelle che lei definisce «pugnalate alla schiena». Difatti riattacca: «Ho fatto entrare in servizio nuovi bus e filobus, ho avviato liter del nuovo piano regolatore in cui cè lo stop alle continue varianti del passato». Povero Pericu, chissà che acufeni alle orecchie! Marta smette di infierire sul passato e passa allepica. Siamo allapoteosi drammaturgica: tanto per restare in tema di grande teatro, cita Shakespeare, poi svolta su De André ed Erodoto, e si incammina sulLe tracce di «Leonida, Serse, Sparta e Atene». Come dire: da Mensopoli alle Termopili.
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