La coppia che scoppia. Sembrerebbe argomento da romanzi rosa o da riviste patinate, quelle che si riempiono di scatti rubati a ogni bisticcio del duo Belen-Corona, oppure che inseguono senza pietà Ambra Angiolini mentre Francesco Renga fa spalluce. E invece no. Sarà che le esplosioni multiple hanno ormai devastato la demografia e l’assetto familiare europeo, sarà che in certi Paesi il tasso dei divorzi ha raggiunto ormai il cinquanta per cento, quello che è certo è che ormai la durata del matrimonio è diventata questione sociologica e filosofica.
Ecco spiegato come mai il francese Pascal Brukner - gauchista della prima ora, classificato tra i nouveaux philosophes insieme ad André Glucksmann, teorico della liberazione sessuale e autore di una serie di pluripremiati saggi come Il singhiozzo dell’uomo bianco (Longanesi) e L’euforia perpetua (Garzanti) - torna in libreria con un saggio che Oltralpe ha già fatto discutere: Il matrimonio d’amore ha fallito? (Guanda, pagg. 116, euro 12). Un librino denso e molto caustico in cui Brukner, che di suo ama le tesi «contro», spara a palle incatenate sul mito dell’«E vissero felici e contenti» (del resto è anche l’autore del romanzo Luna di fiele reso famoso dal film di Roman Polansky).
Il suo è un attacco filosofico che parte da un assunto semplicissimo. Per secoli il matrimonio combinato o d’interesse ha funzionato, male ma ha funzionato. Perché? Perché come diceva il saggio Larouchefoucauld, prima che esplodessero le libertà illuministe e le passioni romantiche, «ci sono buoni matrimoni, ma non ce ne sono di deliziosi».
E invece secondo Bruckner il concetto di amore strettamente collegato al matrimonio, nato proprio in area romantica, ha fatto saltare il banco, fatto fuori quel tanto di ragionevolezza che serve per stipulare un «buon contratto». Per dirla con le sue parole: «Il XX secolo ha emancipato i cuori e i corpi nel tentativo di trovare un’armonia: ne risulta un aumento della discordia. Che cosa è successo? Il palazzo incantato dell’affetto reciproco non sarà solo una catapecchia in rovina, esposta ai quattro venti? Come può l’amore, che non ha mai conosciuto legge (Carmen), aderire alla legge se il suo ossigeno è la trasgressione?». E ancora: «La follia sta nel voler conciliare tutto, il cuore e l’erotismo, l’educazione dei figli e il successo sociale, il fermento e la lunga durata... Le nostre coppie non muoiono per egoismo o materialismo, ma per un eroismo fatale, per un’idea troppe grande di se stesse... Ogni donna deve essere allo stesso tempo mamma, puttana, amica e guerriera; ogni uomo padre, amante, marito e vincitore: guai a chi non soddisfa queste condizioni!». E Bruckner indica con precisione anche i colpevoli che ci hanno portato a questo punto: Balzac il libertario tutto sentimenti, e prima di lui Diderot, Montesquieu, Voltaire... Per arrivare all’Amour Fou di André Breton.
Ma finita la pars destruens, qual è la ricetta del filosofo francese? Be’ meno amore e più senno: «Quel che bisogna inventare oggi è un edonismo non commerciale, che includa la sorpresa, l’equilibrio, la ponderatezza e che sia, innanzitutto, un’arte del vivere con gli altri e non di godere di se stessi». E in questo il vecchio concetto di matrimonio d’interesse, se adeguatamente rispolverato, torna utilissimo: «I matrimoni nella metà dei casi durano, e gli sposi restano insieme, se non per un affetto traboccante, almeno perché vi trovano il proprio tornaconto». Si tratterebbe semplicemente di ammettere questo fatto: «Nulla ci impedisce di tornare a prendere in considerazione le unioni d’interesse purché siano decise liberamente dai due partner. L’alternativa non è tra passione e ragione ma tra consenso e obbligo».
Vi sembra il culmine dell’aridità? L’esito più nefasto possibile della libertà nata con l’illuminismo e che ha trionfato con il Sessantotto? Vi sembra che l’aspirazione al più puro dei sentimenti, l’amore appunto, venga in questo modo ammazzata senza pietà? Forse è vero, e un po’ Brukner - che, lo ribadiamo, gioca a provocare - lo sa. Come sa che la marcia indietro verso i mores antiqui difficilmente verrà inserita (almeno a parole).
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