Medici di famiglia Incrociano le braccia in settecento

Anche oggi niente medici. I dottori di famiglia per il secondo giorno consecutivo chiudono gli studi per sciopero. Ad appendere il camice non sono pochi, secondo le stime del sindacato Snami che ha indetto lo stato di agitazione ammonterebbero al 70 per cento. Una percentuale più alta di quella degli iscritti al Sindacato Nazionale Autonomo Medici Italiani. «Possiamo, quindi ritenerci soddisfatti - dichiara il presidente Mauro Martini - visto che i nostri iscritti corrispondono alla metà dei medici di base in servizio». Sui 1.050 camici bianchi cittadini sono stati, quindi, settecento a non aprire l'ambulatorio.
Previsto per settimana prossima invece l’incontro tra l'assessore regionale alla sanità Luciano Bresciani, il direttore generale Carlo Lucchina e una delegazione di medici. Una riapertura delle trattative che però difficilmente modificherà i contenuti dell'Accordo Regionale Lombardo, quei contenuti approvati dagli altri sindacati. Il contenzioso riguarda soprattutto la non assegnazione di incentivi da destinare all'acquisto di computer e all'assunzione di una segretaria. Per la verità gli incentivi sono stati previsti. «Ma non più per 20 milioni di euro come nel precedente Accordo Regionale Lombardo - spiega il presidente dello Snami - ma solo 4 milioni e mezzo più altri 4 milioni e mezzo da riservare a quei medici che aumenteranno del 20% l'orario di apertura dello studio. Passando da 15 a 18 ore settimanali.

Ma stare più ore in studio non vuol dire fornire un servizio migliore. Questo potrebbe avvenire, invece, se ci dessero in carico i pazienti affetti da diabete di tipo 2 che non necessita di iniezioni d'insulina. Si eviterebbe così il ricorso ai centri diabetologici».

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