Ieri, prima di iniziare i lavori del cda di Mediobanca, l’ad Alberto Nagel si è rivolto ai consiglieri per sapere se ci fossero chiarimenti da chiedere sulle dimissioni di Cesare Geronzi dalle Generali. Ma nessuno ha detto nulla. E i lavori sono proseguiti come da ordine del giorno, con l’esame di un’ispezione della Banca d’Italia.
Ma il gesto di Nagel e le reazioni del consiglio sono significative di come la grande finanza sappia andare avanti velocemente. Il clamoroso e imprevisto defenestramento di settimana scorsa del banchiere che solo lo scorso anno dallo stesso cda era stato mandato a guidare le Generali, è già acqua passata. Anche i consiglieri che almeno sulla carta sono più vicini a Geronzi, quali Tarak Ben Ammar, Vincent Bollorè, Marina Berlusconi e Ennio Doris, almeno per ora non hanno sollevato eccezioni. Un po’ perché le spiegazioni le avevano già avute personalmente, un po’ perché ora conviene a tutti, in Mediobanca, che le acque si calmino.
In realtà i francesi hanno già iniziato a muoversi verso il futuro: se è vero che nel cda di ieri non si è parlato del rinnovo del patto di sindacato che raggruppa il 44,3% del capitale di Mediobanca, in scadenza a fine anno ma da disdettare entro il 30 settembre, è altrettanto evidente che Vincent Bollorè, regista del gruppo estero con il 10%, ha ieri dato inizio alle danze. Solo così, come delle prese di posizione negoziali iniziali, possono essere interpretate le sue dichiarazioni: «Non credo che sia nell’interesse di nessuno. Chi vivrà vedrà», ha detto l’imprenditore francese sul progetto di una discesa graduale del patto verso il 35-40% del capitale di Piazzetta Cuccia. «Non credo che ci siano soci che vogliano uscire dal patto, non lo so», ha aggiunto. E su una sua possibile uscita: «Abbiamo tutti i motivi per rimanere per molti e molti anni, almeno fino al 2022».
Ebbene, essendo stato Bollorè il principale protagonista della fase finale del processo che ha portato alle dimissioni di Geronzi, con lo strappo dell’astensione sul bilancio della compagnia nel cda del 16 marzo in aperta polemica con il management sostenuto da Mediobanca, è su di lui che si concentrava l’attenzione. E non è un caso che abbia bocciato il progetto del patto leggero che, come noto, è caro agli stessi manager di Piazzetta Cuccia. D’altra parte è stato il primo socio di Mediobanca, per bocca del presidente Rampl, a porre la questione di un cambiamento nei pesi del patto. Ma Bollorè è stato ieri chiaro, come a dire che senza una trattativa, i francesi non si muoveranno di un centimetro. Senza per questo sollevare grandi polveroni. In particolare, a calmare le acque ci ha tenuto Ben Ammar, che ha detto che non esiste «una squadra che fa riferimento al premier Silvio Berlusconi» escludendo una influenza della politica nell’universo Mediobanca-Generali. E poi: «per il patto c’è l’estate di mezzo. Ne parleremo in autunno», ha dichiarato l’imprenditore franco-tunisino mentre lasciava la sede di Mediobanca.
Quanto a Generali, infine, si è appreso che il nuovo presidente Gabriele
Galateri resterà in carica per un anno: dovrà essere confermato dall’ assemblea nel 2012, non essendo stato possibile inserire la sua nomina all’ordine del giorno dell’appuntamento dei soci del prossimo 30 aprile.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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