Mediobanca: nel vino «piccolo» è ancora bello

È un settore frammentato, a conduzione familiare o cooperativa: ma redditizio e in crescita soprattutto all’estero

da Milano

Sono aziende piccole, familiari o cooperative. Sono dinamiche e riescono a penetrare nei mercati stranieri sfidando i colossi stranieri. Sono patrimonializzate e redditizie, sempre più inclini alla pubblicità e moderne nella distribuzione. È l’identikit delle aziende vinicole italiane, una delle punte di diamante del Made in Italy. L’ufficio studi di Mediobanca ne ha prese in esame 85 italiane (quelle di maggiori dimensioni, con un fatturato superiore ai 25 milioni di euro), più le nove maggiori straniere quotate: ne è emerso che il vino italiano è brillante e in crescita, un settore propenso agli investimenti e di antica solidità contadina. Da notare che la più grande azienda vinicola italiana è la cooperativa Caviro, con 281 milioni di fatturato, quando l’americana Constellation fattura 3,9 miliardi.
Le 85 maggiori imprese del nostro Paese rappresentano il 36% della produzione nazionale 2005, pari a 9,7 miliardi, e il 53% delle esportazioni, pari a 3 miliardi; nel 2006 sono riuscire ad agganciare il sempre maggior favore riscosso dal vino a scapito di altre bevande alcoliche, prime fra tutte la birra, nei Paesi anglosassoni o nei Paesi emergenti come la Cina. Le aziende del campione hanno registrato nel 2006 una crescita dei ricavi del 5,1% a oltre 3,6 miliardi (contro un 2005 sostanzialmente stabile, più 0,3%,) grazie al balzo del 7% del valore delle esportazioni mentre il mercato nazionale è salito del 3,3%. La quota di esportazioni nel 2006 è salita al 45,5% (44,6 nel 2005). Nel 2005 gli utili netti (più 26%) hanno rappresentato il 3,7% del fatturato, il valore più alto dell’ultimo quinquennio e che va considerato per difetto vista la struttura proprietaria delle aziende italiane (cooperativa e familiare) tradizionalmente poco propensa a massimizzare gli utili a differenza delle grandi società quotate straniere. Il settore riesce a migliorare le proprie posizioni aumentando le etichette prodotte (più 31% negli anni fra il 1996 e il 2007) e i vini «importanti», e aumentando la pubblicità (più 12% la spesa nel 2005). Elevati gli investimenti tecnici (228 milioni) e solida la struttura patrimoniale, con un rapporto fra capitale netto e debiti finanziari al 91%.
Il maggior canale di vendita resta la grande distribuzione che assorbe il 44% delle vendite nazionali (e il 51% per le cooperative). Alberghi, ristoranti o enoteche sono i luoghi privilegiati per i vini più costosi (71% del totale).

Per quanto riguarda i colossi esteri quotati (che formano l’indice mondiale Mediobanca) nel 2006 si è registrato un consolidamento con l’acquisto della canadese Vincor da parte della statunitense Costellation. L’andamento dei corsi azionari fra il 2001 e il 2007 ha visto una crescita del 91% che nel solo 2006 è stata pari al 21,5% a fronte di un aumento delle Borse del 16 per cento.

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