«Mediobanca, non tocchiamo gli equilibri»

Ligresti nel cda del Leone di Trieste? «Si potrà riproporre il prossimo anno»

Rodolfo Parietti

da Milano

Un consiglio di amministrazione «tranquillo, in cui si è parlato solo di conti». Tutti abbottonati, i componenti del cda di Mediobanca all’uscita ieri dalla riunione in cui sono stati esaminati i (buoni) risultati del terzo trimestre (più 22% l’utile netto a 272 milioni di euro) e quelli (ancor più buoni) dei primi nove mesi (più 86% a 671 milioni), da cui emerge una plusvalenza di 3,767 miliardi dai pacchetti Generali (14,12%) ed Rcs (13,66%). Ma se un «benissimo» è l’unico commento che i cronisti sono riusciti a estorcere a Berardino Libonati, ben diversa è stata la musica con Tarak Ben Ammar. Che, dopo aver lasciato Piazzetta Cuccia per fiondarsi nella sede di Sportitalia dove era atteso per una conferenza stampa, ha colto l’occasione per mettere in guardia Capitalia (primo socio di Mediobanca) e Intesa da eventuali propositi di matrimonio, oltre che per esprimere un convinto consenso all’ingresso di Salvatore Ligresti nel consiglio delle Generali.
All’inizio, sulla questione relativa all’integrazione Capitalia-Intesa, Ben Ammar ha usato un approccio diplomatico: «In linea di principio non siamo contrari alla fusione», ha esordito riferendosi alla posizione dei soci francesi di cui è espressione in Mediobanca. Però... «Bisogna vedere le intenzioni e come si presentano. A noi francesi non riguarda ciò che fanno Capitalia e Intesa, ma cosa succede in Mediobanca. Se cambiano gli equilibri, allora ci riguarda». Primo paletto. E ancora, pur dicendosi tranquillo sul fatto che il merger non vedrà mai la luce («Passera ha smentito e ha detto che l’operazione non è più sul tavolo»: «Se qualcuno tenta di entrare in casa mia dal giardino, qualcosa succederà. Saremo attenti all’equilibrio di Mediobanca». In ogni caso, ha ricordato, il patto di sindacato tutela i soci in caso di cambi significativi dell’identità di uno degli stessi componenti. Quanto alle notizie secondo le quali il gruppo dei soci stranieri potrebbe contare su circa il 20% di Piazzetta Cuccia, il finanziere ha detto che «la cosa è stata un po’ deformata. Siamo felici con il nostro 10%, tant’è che non abbiano preso l’1% che ci era stato offerto».
Ben Ammar ha quindi affrontato un altro nodo delicato, quello dell’ingresso di Ligresti - saltato in occasione dell’ultima assemblea con la riduzione del board da 19 a 18 componenti - nel cda del Leone di Trieste. Una partita ancora aperta, secondo il rappresentante dei soci esteri: «È un tema che si potrà riproporre il prossimo anno». E il possibile conflitto di interessi, essendo il finanziere siciliano patron di Fondiaria-Sai? «A noi risulta che non sussista», ha risposto.

Del resto, se entrasse nel cda, Ligresti sarebbe tenuto a «un vincolo di riservatezza». Infine, appoggio incondizionato a un’eventuale ricandidatura di Bernheim al vertice della compagnia: «Ovviamente lo sosterremo. Ha gestito bene, il titolo è salito. Squadra che vince non si cambia».

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