Sono lì dentro, stretti nella copertina rossa che Marco Pirina ha titolato «Il sangue e... le memorie» (edito dal Centro Studi e Ricerche Silentes Loquimur, 407 pagine, 30 euro). Articoli di giornale, tanti, via via più recenti, che raccontano gli anni della guerra civile. Dal '43 al '47. Con la penna e gli occhi di allora, con il coraggio e la lente di oggi. Pirina, al suo attivo 21 libri di ricerca storica, non sa più come gridarle queste storie sussurrate nelle cascine, sull'orlo delle foibe, in qualche bar dimenticato, davanti a camini ormai spenti. Le prende di peso quelle carte scritte da cronisti non ancora salvati dalla distanza, che le ferite bruciano ancora e i sogni sono quelli degli altri. Quanti ne ha trovati Pirina: in fondo agli archivi di mezza Italia, dentro valige cadute nell'oblio. Quante voci a narrare. Diciotto anni di ricerche e di articoli. Che Pirina ha raccolto nell'emeroteca del suo Centro Studi Silentes Loquimur di Pordenone. Che adesso ha deciso di rimettere in circolo. Per riguardare uno spaccato di terra divisa. Dove l'articolo censurato diventa la cartina tornasole del disagio. Che Pirina segue a pelo d'acqua attraverso testate di diverso colore politico. C'è la copia dell'Unità che esalta l'uccisione del federale fascista di Ferrara, ricordata come il momento scatenante della guerra civile. C'è il Popolo del Friuli del 28 aprile '45, che descrive le ultime battaglie tedesche del fronte europeo, con un sottotitolo con il Duce e per il Duce , nel giorno in cui Mussolini viene ucciso. C'è una memoria sul pluridecorato Ettore Muti, ucciso tra il 25 luglio e l'8 settembre '43. C'è l'articolo del filosofo Giovanni Gentile sugli «attendisti» e quello che racconta la sua uccisione nel '44 a Firenze. È come il montaggio d'un film muto dove lo scritto di allora si dilata all'oggi. Senza filtri o troppo filtrato, ma aderente a quegli anni così com'erano. Però il vissuto cambia: racconti e t'interroghi. Alla fine del conflitto c'è la storia della morte di Mussolini e dell'oro di Dongo. Grasso che cola per i giornalisti. Che ficcano il naso nella vita di Claretta Petacci e dei Savoia. S'allenta la morsa sui drammi della guerra civile e il tiro s'aggiusta. Ma c'è ancora fuoco sotto la cenere e ci resterà per sessant'anni.
Appaiono articoli su Porzus e sulle Foibe. Qui Pirina affonda il dito, e scava. È lui che ha rotto il silenzio sulle foibe. I suoi libri sull'esodo e sul Confine Orientale escono già negli anni '90. Poi i «sussurri» sugli omicidi irrisolti, fino al «Chi sa Parli» di Otello Montanari che nel '90 invitò al superamento del «silenzio dei vivi» sui tanti misteri che celavano la scomparsa di uomini e donne nei «triangoli della morte» dell'Emilia «rossa». Pirina pesca a piene mani e li sbatte sul suo libro quei titoli che stringono la gola, che uno dopo l'altro parlano di famiglie cancellate, di corpi reclamati, di verità nascoste. Li divide in capitoli che danno il polso della coscienza. Come un grafico che più scava più sale. Dalle isolate incursioni di cronisti coraggiosi al bisogno che si scrolla di dosso il pregiudizio. Agli anni corrisponde l'evoluzione dell'approccio. Un giallo sbiadito ricomposto in oltre settanta testate. Fino a quando «in molti comprendono la necessità di una rilettura della Storia, senza condizionamenti politici». Pirina va dritto alla meta. È l'82 quando sente sussurrare d'una grande foiba, il «Bus de la Lum», profonda 200 metri nei boschi del Cansiglio. «Di storie tremende di persone portate su nottetempo, fatte salire su un tolon, un tronco, e poi precipitate nel fondo della foiba. Mancano 250 uomini e donne all'appello. Si vociferava di interi reparti militari della Rsi fatti scomparire nella voragine». Nell'88 una croce per ricordare i morti del Bus de la Lum. Nello stesso anno la nascita del Centro Studi e Ricerche Silentes Loquimur: «Sono i morti che silenziosamente parlano» Nel '92 la discesa nella foiba preceduta dagli articoli coraggiosi di Beppe Gualazzini sulle pagine del Giornale. Sono tanti gli articoli della nostra testata inseriti nel libro. A testimoniare la ricerca di verità in tempi non sospetti. A dare voce a chi, da quel lontano 25 aprile '45, è rimasto muto. Noi lo abbiamo fatto anche con le inchieste recenti, raccontando la cronaca familiare di quegli anni. Poi è arrivato l'affondo di Pirina, documentato dal Giornale passo dopo passo: 51 fascicoli sui crimini di guerra depositati alle procure militari e civili. Che stanno indagando, «per non dimenticare e per tenere insieme quella dignità del ricordo delle vittime scomparse dalla Storia».
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