Ecco l'uomo, finalmente un grande giocatore arriva alla carica più alta nello sport che ha onorato sul campo. Soltanto l'atletica con Arese e in parte il nuoto con Barelli avevano scelto ex campioni per guidare il movimento. Venti schede sono rimaste in bianco perché certa gente non riesci proprio a capirla e la tensione per la bocciatura di Meneguzzo in rappresentanza degli allenatori non professionisti con preferenza al veterano Boero è svanita presto e Dino Meneghin, classe 1950, in campo fino a 44 anni, finalmente, è diventato presidente della Federazione italiana pallacanestro (175 schede valide per un totale di 4375 voti), il sesto del dopoguerra.
Una storia che è anche quella più moderna ed avvincente di questo sport nato in Italia nel 1921, un personaggio che sul campo ha vinto tutto e ora si mette in cammino su un sentiero, quello della politica sportiva, che non è mai stato il suo, ma proprio per questo si respira aria nuova, ci sono entusiasmo e consenso quasi unanime, anche se il momento appare difficile cominciando da una Nazionale che lui ha accompagnato prima in grandi battaglie sul campo e poi come dirigente inventato proprio da Petrucci, il presidente del Coni che aprendo l'assemblea ha detto quello che tutti pensiamo davvero: «Un bellissimo giorno per la pallacanestro italiana».
Con lui un consiglio quasi totalmente rinnovato, della passata gestione sono rimasti Barnaba e Crosara, fra i nuovi il più atteso è il varesino Giancarlo Salvetti che ha accompagnato Meneghin dai primi giorni sul campo quando ragazzino lasciò la noia della pedana dove volevano che lanciasse il peso per diventare il più grande giocatore di basket in Italia.
Emozionato come non lo avevano mai visto, uno sforzo per non commuoversi anche se nel discorso d'investitura si è fermato tre o quattro volte, ma alla fine ha detto quello che serve: «È il momento di mettere in pratica tutto quello di cui abbiamo parlato in questi miei 5 mesi come commissario. Non avevo intenzione di intraprendere una carriera politica nello sport, è stata una sorpresa anche per me. Sono stato spinto dalla positività delle persone che ho incontrato in questo lungo periodo di riflessione. Ho voglia di fare e mettere a disposizione la mia passione e l'esperienza acquisita sul campo».
Non sappiamo se sarà vera rivoluzione, ma tutti si aspettano fatti e lui non è tipo che perderà tempo. Deve trovare subito una linea di lavoro condivisa dal movimento, prima le Leghe che hanno bisogno di autonomia e regole certe, ma, ovviamente, anche i comitati di base. Nazionale come primo club da appoggiare e aiutare, coinvolgendo gente che non è negli apparati federali, convincendo i giocatori, cominciando dai ragazzi in America, Bargnani, Gallinari, Belinelli e Hackett, a rispondere alla convocazione.
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