Meno morti in Irak ridotta la leva

da Washington

Luglio è stato il mese con meno morti in assoluto per il Pentagono in Irak, e anche le vittime civili sono in calo. Per il presidente George W.Bush è un nuovo segnale che la sicurezza nel Paese ha «un certo grado di durata» e può permettere ulteriori riduzioni delle truppe. E se la Casa Bianca, scottata da anni di passi falsi, si limita a parlare di «progresso», il grande vecchio della diplomazia americana, Henry Kissinger, si spinge fino a usare una parola che era sparita dal dibattito sull’Irak: «Successo».
Nel mese appena concluso sono morti 12 soldati americani in Irak, tra i quali solo nove in operazioni di combattimento, secondo il conteggio tenuto dal sito icasualties.org su dati del ministero della Difesa. Dall’inizio della guerra non c’era mai stato un mese con così poche perdite (il dato positivo migliore finora erano i 20 morti del febbraio 2004). A rendere importante la cifra è soprattutto il fatto che conferma il trend di calo delle vittime americane da quando, nel giugno 2007, è partito il piano per la sicurezza disegnato dal generale David Petraeus.
Ancora più importante è il fatto che sono in calo netto anche le vittime civili, nonostante non ci siano dati certi. Anche in questo caso il trend è costante, sia pure tragicamente interrotto da episodi come gli attentati dei giorni scorsi con 50 morti tra Bagdad e Kirkuk. L’equilibrio anche politico che sta prendendo corpo in Irak tra sciiti, sunniti e curdi, ha spinto l’ex segretario di Stato Henry Kissinger a esortare l’America a «un cambio di mentalità» e a considerare «le prospettive crescenti di un successo» in Irak. Per rafforzarle, a suo avviso, servirebbe ora una conferenza di pace nella regione.
Bush, con un discorso di prima mattina alla Casa Bianca, ha colto ieri l’occasione delle notizie positive dall’Irak per definire «incoraggiante» la situazione. Il Presidente ha evitato toni trionfali, memore dei danni che gli provocò nel 2003 l’aver dichiarato quella irachena una «Missione compiuta».

Bush ha tra l’altro confermato che d’ora in poi i soldati inviati nel Paese vi resteranno solo 12 mesi, non più 15. Il Pentagono ha ora 140.000 militari in Irak e Petraeus dovrà decidere a fine agosto se sia sicuro o no ridurre ulteriormente le truppe.

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