"Il mercato è bloccato, meglio non toccare l’Ici"

Il presidente di Assimpredil-Ance contro l’imposta sulla casa: "Detassare i premi di produttività e stimolare la flessibilità"

"Il mercato è bloccato, meglio non toccare l’Ici"

Quale impatto avrà la reintroduzione dell’Ici? Lo chiediamo a Claudio De Albertis, presidente Assimpredil-Ance. «L’effetto? Se lo misuriamo su come si è fermato il mercato dacché c’è stato l’annuncio, c’è la certezza che deprima il settore».

Il governo, però, per le imprese pensa solo a uno sgravio dell’Irap, il resto è rinviato...
«L’urgenza più forte rimane decontribuire i premi di produttività, purtroppo non c’è niente di tutto questo, ma mi auguro che se ne possa parlare. Ritengo inoltre molto urgente ridurre il cuneo fiscale, anche se comprendo la volontà di non aprire uno scontro con i sindacati».

Date queste premesse come si può evitare che l’economia del Paese entri in recessione?
«Se si decide di aumentare la fiscalità su un settore, si deve parallelamente alimentarne il mercato. L’industria delle costruzioni rappresenta il 20% del Pil, è un comparto anticiclico che dà più occupazione degli altri. Allora occorrerebbero provvedimenti importanti, come rinnovare le agevolazioni fiscali del 36 e del 55 per cento».

E poi?
«Come imprenditore dico al governo: accetto l’Ici sulla prima casa ma bisogna toglierla dal magazzino delle imprese: per noi le aree e gli immobili sono come una materia prima. Inoltre si potrebbero prolungare i benefici Iva che oggi decadono dopo un certo numero di anni dall’ultimazione del fabbricato. Questa operazione, inoltre, non inciderebbe sulle entrate dell’erario».

È accettabile la prospettiva che lo Stato paghi i debiti con i Btp?
«Risponderei a Corrado Passera che i miei debiti li pago con l’invenduto dei miei appartamenti. L’amministrazione deve pagare in 60 giorni, ma nel nostro territorio impiega otto mesi; poi qualcuno si indigna delle infiltrazioni mafiose. Lo Stato rispetti prima di tutto le scadenze non è possibile che il privato sostenga il debito pubblico surrettiziamente. Si escludano, inoltre, gli investimenti nel capitale fisso dal patto di stabilità che oggi blocca le amministrazioni».

I sacrifici sono tutti per la casa?
«L’Ici è una patrimoniale. Ma c’è un patrimonio di edifici non legittimi che, nonostante i condoni, non ritornano nella legalità. Così a pagare sono sempre i soliti. Si colpiscano quindi gli illegali che non hanno nemmeno provveduto agli oneri di urbanizzazione».

Come giudica la riforma delle pensioni e della normativa su lavoro?
«Condivido l’idea del governo di anticipare il contributivo pro-rata ed elevare l’età di pensionamento anche se questo comporta un problema per i giovani, ma il nodo maggiore è un altro».

Quale?
«Un euro di paga al lavoratore costa all’azienda 2,5 euro. Poi il costo orario medio, che in Italia è di 21 euro, per noi costruttori è di 26 a causa della cassa integrazione e degli oneri dell’agricoltura.

Bisogna consentire alle aziende di governare con più libertà i costi».

Quindi occorre più flessibilità?
«Noi lavoriamo su commesse e abbiamo bisogno che, terminato un edificio, si possano interrompere i rapporti con i dipendenti».

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