Il tribunale di Chieti non deve avere moltissimo da fare. Dico anche della Cassazione. Nemmeno la dolce consorte di tale Nicola F., la quale ha deciso di denunciare il proprio ex marito, appunto il Nicola, perché una sera, anzi una notte, dopo la fatidica e romantica ora di Cenerentola, si era permesso di chiamarla al telefono per avere notizie sul figlio, portando scompiglio. Giammai avrebbe potuto farlo e invece lha fatto, scocciando la signora Franca che intendeva riposarsi e forse già si era coricata nellex talamo.
I giudici hanno esaminato la denuncia presentata dalla solerte signora, hanno consultato il codice, hanno riflettuto a lungo e alla fine hanno sentenziato: larticolo 660 del codice penale questo prevede e questo determina, le molestie telefoniche possono portare anche al carcere per mesi sei, Nicola ha evitato il gabbio, niente manette, niente ora daria, gli è andata di lusso, stavolta ci si è limitati a una multa pecuniaria, in totale fanno euro 300.
Non ci sono attenuanti, il Nicola, con un solo squillo, con scatto alla risposta, ha fatto stalking, per usare il termine inglese tanto di moda. Qui non centrano i cacciatori e gli appostamenti (stalking sarebbe poi questo), qui si tratta di andare contro la volontà altrui, i giudici di Chieti sono inflessibili, il sonno e la privacy della Franca vanno tutelati sia in fase diurna sia in quella notturna e poi, sempre secondo i giudici, il bambino di cui il papà chiedeva notizie, a quellora, stava facendo sicuramente la nanna, dunque perché mai scuotere la casina delle api, la Play Station o altri balocchi?
Il cocciuto e petulante Nicola ha provato a fare ricorso contro la sentenza della prima sezione penale ma è stato respinto con perdite. Il padre sosteneva nel foglio protocollo allegato di avere telefonato per conoscere i motivi del mancato incontro, al mare, con il figlio. Ma, secondo la moglie Franca e i giudici, si trattava di un misero e infantile alibi, una scusa puerile da ex in crisi di affetto, da molestatore notturno. Roba da pazzi.
La signora Franca a questo punto sa che dovrà spegnere il suo apparecchio telefonico, per evitare di ricevere altre chiamate notturne che andrebbero a turbare la sua esistenza e il sonno del pupo. E Nicola, dopo il versamento di euro trecento, si faccia una ragione: se vuole ricevere notizie sui famigliari dovrà aspettare le luci del giorno, il canto del gallo e non i rimbrotti acidi della Franca, con annessa carta bollata.
Mi piace tuttavia segnalare il linguaggio usato dai giudici per confortare la propria decisione. Scrivono «... impertinenti le considerazioni...», di «... requisito della petulanza...», di «... biasimevole motivo...». Laggettivazione fa tornare alla mente le pagine di un quaderno, a righe con copertina nera e profilo rosso, di quinta elementare. Roba di altri tempi, quando i giudici con lermellino avevano altre carte da esaminare, quando non esistevano i telefonini e nessuno sapeva che cosa fosse lo stalking, nemmeno i cacciatori inglesi, e a Chieti o altrove, padri e madri in separazione di affetti o di effetti, si mandavano gentilmente a scopare il mare e non in tribunale. Ma, mi dicono, siano questi i tempi moderni, servono a proteggere la libertà delle donne e a tenere a bada il maschio violento, dando così lavoro ad avvocati e a giudici.
Infatti tribunali e Cassazione non possono stupirci più. Nei giorni scorsi i giudici avevano deciso che fare la linguaccia è reato, da condannare. Il Nicola F. aveva forse pensato anche a questa soluzione ma si è dovuto ravvedere dopo aver letto i giornali.
E poi dicono che la vita è bella.
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